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.:SURVIVAL & BUSHCRAFT:.>S.B.T. – VARIE

IL FASCINO DELL’ESCURSIONE IN SOLITARIA:CONSIGLI UTILI

Premessa:

Questo articolo si appoggia sugli articoli già presenti nel manuale riguardo al trekking ed è destinato a chi già abbia esperienza di escursioni e pernotto all’aperto lontano dalla civiltà. Chi fosse interessato all’argomento ma non avesse i requisiti di cui sopra è invitato a compiere prima escursioni con gente esperta in modo da acquisire la giusta confidenza con l’ambiente e le nozioni necessarie per potersi muovere in sicurezza.

 

Difficoltà e Pericoli:

Nelle escursioni in solitaria non ci sono difficoltà oggettive maggiori rispetto alle uscite in coppia o in gruppo se si escludono i passaggi in cui potrebbe essere utile una corda per assicurare la progressione.

Il pericolo più importante per l’escursionista solitario sono gli infortuni, non che ci sia un maggiore rischio di ferirsi nell’ ”andare da soli”, è che senza una compagnia, ci si può facilmente trovare nella situazione di non poter essere soccorsi in tempi utili. E’ essenziale evitare ogni pericolo che possa portare al ferimento e lasciare sempre detto l’itinerario che si intende compiere e … rispettarlo.

L’altro problema in cui ci si può imbattere è quello di smarrirsi: anche in questo caso non ritengo che sia più facile perdere il sentiero quando si è soli: in gruppo, soprattutto se non c’è un “capo escursione” riconosciuto che faccia da guida, è possibile che, discorrendo o confidando che il/i compagno/i stiano memorizzando il percorso, può succedere che nessuno si preoccupi di controllare la via. Però mentre in gruppo è possibile perlustrare una zona a distanza di voce dal punto in cui ci si è persi fino ad un posto noto, questo da soli non si può fare e spesso la ricerca frettolosa della via può portare ad uno smarrimento più profondo, e con quello fisico anche a quello psicologico. Anche in questo caso la soluzione sta nel dire a chi aspetta a casa il programma dell’escursione e nella prevenzione: controllare spesso la posizione, guardare il sentiero nel senso opposto per avere un differente punto di vista, fare attenzione ad ogni incrocio di sentiero che spesso non si notano in un senso ma risultano molto evidenti in quello contrario.

Il fattore psicologico:

Il fattore psicologico è estremamente importante: l’essere umano in generale, chi più chi meno, non è a suo agio da solo. Spesso, nella civiltà, anche chi ama starsene in disparte non si rende conto che inconsciamente lui sa di non essere realmente solo e questo potrebbe portarlo a progettare prematuramente esperienze per cui non è ancora pronto, magari può esserlo fisicamente e tecnicamente, può avere l’equipaggiamento idoneo ma, senza una mente preparata, può andare incontro a problemi che possono andare dalla semplice escursione non pienamente apprezzata all’attacco di panico con tutto ciò che ne può conseguire. In questo caso si può facilmente evitare il problema imparando a conoscersi procedendo per gradi.

Come iniziare:

E’ sempre consigliabile, a chi intenda iniziare a fare escursioni in solitaria, cominciare con itinerari semplici, conosciuti, con tempo favorevole e che si possano compiere comodamente in poche ore per poi progressivamente aumentare i tempi di percorrenza e le difficoltà, ricordandosi di lasciare sempre detto il programma a familiari o amici.

Equipaggiamento:

Come già detto l’attrezzatura dell’escursionista solitario non ha sostanziali differenze rispetto a quella di chi esce in gruppo ma è ancora più importante per chi va da solo avere con se un kit d’emergenza che consideri un’eventuale notte all’addiaccio: costruire un riparo con metodi naturali (ammesso che lo si sappia fare) per 4 persone o per 1 sola persona non è molto differente in termini di tempo e fatica, solo che nel primo caso tempo e fatica saranno divisi per quattro, nel secondo NO! E lo stesso vale se si vuole accendere un fuoco.

La notte:

La notte da soli nella Natura è paradossalmente il momento più sicuro dell’escursione in solitaria e al contempo quello che più intimorisce il neofita: se il bivacco è stato preparato correttamente, non cambia assolutamente nulla, ai fini della sicurezza, passarlo da soli o in compagnia ma (soprattutto se come riparo si scegliesse amaca e tarp o bivybag che offrono un’esposizione maggiore rispetto alla tenda) è anche il momento in cui l’Uomo è maggiormente spaesato: un animale sociale e diurno al buio da solo. Ad accentuare queste paure c’è il fatto che di notte nel bosco entrano in attività numerosi animali, ognuno con il proprio verso ed il proprio fruscio e che, con l’oscurità e la vista azzerata, l’udito verrà assillato da suoni sconosciuti che il cervello registrerà come potenzialmente pericolosi.

Qualcuno consiglia di portarsi della musica per distrarsi, ma per me è preferibile abituarsi fin da subito alla vita notturna della Natura: la radio, oltre a rendere più invadente la nostra presenza, ci priverebbe di esperienze che con il tempo impareremmo ad apprezzare; tutt’al più la si può portare come precauzione da usare solo se lo stress diventasse eccessivo. Ricordarsi sempre di dormire con la torcia a portata di mano che oltre ad essere utile per qualsiasi bisogno, può aiutare ad allentare la tensione.
Mi sento di sconsigliare invece di tenere il coltello troppo vicino come aiuto psicologico perché chi riuscisse a trascorrere la notte senza agitarsi non ne avrebbe bisogno, mentre chi fosse troppo spaventato potrebbe rischiare di ferirsi inutilmente da solo.

FILM CHE HANNO COME TEMA LA SOPRAVVIVENZA

Lista Film A Tema Sopravvivenza

Cast Away
(una delle più celebri pellicole basate sul tema della sopravvivenza estrema; con il grande Tom Hanks)
Alive – Sopravvissuti
(basato sul famoso incidente aereo avvenuto sulla Cordigliera delle Ande nel 1972)
I sopravvissuti delle Ande (film del 1976)
127 ore
(Si basa sulla storia vera di un alpinista che nel 2003 rimase intrappolato sulle montagne dello Utah)
Vertical Limit (2000)
Open Water
(2003 – Basato su una storia vera)

L’isola dei sopravvissuti
(con Billy Zane e la stupenda Kelly Brook)
L’urlo dell’odio (con il celebre Anthony Hopkins)
Into the Wild – Nelle terre selvagge (2007)
Le avventure di Robinson Crusoe
Robinson Crusoe – La storia vera (1989)
Robinson Crusoe (1997)

Laguna blu
Ritorno alla laguna blu
Incantesimo nei mari del sud

Alla deriva – Adrift (2003 – Basato su una storia vera, seguito di Open Water)
Gerry (di Gus Van Sant)
La foresta di smeraldo
Balla coi lupi
Sopravvivere coi lupi
Frozen
The Beach
(con Leonardo DiCaprio)
Discesa nelle tenebre
The Canyon
Whiteout – Incubo bianco
Anaconda
Io sono leggenda

(sopravvivenza post-apocalittica)
Codice Genesi
(sopravvivenza post-apocalittica)
The Road
(con Viggo Mortensen – sopravvivenza post-apocalittica)
Lost (serie televisiva)
Man vs. Wild (Serie TV)
Austin Stevens Adventures (Documentario)

Film ITALIANI di sopravvivenza

Selvaggi (comico)
Noi uomini duri (Con Pozzetto e Montesano)
“Mi chiamo Mario e faccio il pilota. Civile? E che cio la faccia da selvaggio!”
Naufragio nel pacifico
Travolti dal destino (con Madonna)
Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto

Se ne conoscete altri non esitate ad aggiungerli nei commenti:)

SOPRAVVIVENZA: Attraversare un corso d’acqua

SOPRAVVIVENZA: COME GUADARE UN FIUME

Questo articolo è un capitolo del libro Movimento sul territorio.
Qualcuno potrebbe immaginare che sia banale attraversare un fiume o torrente, ma nella realtà tale manovra potrebbe rivelarsi difficile o addirittura pericolosissima.

Tutti gli amanti della montagna, dal pescatore al cacciatore fino all’escursionista, si saranno imbattuti molte volte in un fiume o torrente. L’Italia infatti è disseminata da nord a sud di centinaia di corsi d’acqua differenti, dai ruscelli e torrenti montani che sgorgano da alpi e appennini, fino ai grandi fiumi di fondovalle con sfociano nei nostri mari. Nei millenni l’uomo ha risposto all’esigenza dell’attraversamento dei corsi d’acqua creando strutture artificiali come ponti di vario genere, e ancor prima ricorrendo a natanti. Qualora però non vi sia una struttura posta in un determinato punto di un fiume, spesso sorge la necessità di un attraversamento alternativo per vari motivi.
Generalizzando, l’escursionista italiano si imbatterà in 3 tipologie sostanziali di corsi d’acqua:

1-Torrenti montani. Il loro corso parte generalmente dalla fonte situata nel cuore delle montagne e si dirama fino a confluire in un corso d’acqua maggiore. Sono caratterizzati da letti poco larghi, fino a medie dimensioni, discontinui e frastagliati, quasi mai con andamento rettilineo. Le acque che scorrono al loro interno sono tendenzialmente fredde e pulite, soprattutto avvicinandosi alle fonti. Scorrendo in terreni montani presentano sulle sponde la tipica vegetazione locale spesso molto fitta, con pendenze anche assai significative.

2-Grandi fiumi. Si tratta dei grandi corsi d’acqua dello stivale come Po, Tevere, Arno, Adige, Oglio, Tirso, Brenta, Tagliamento e tantissimi altri. Rispetto ai torrenti presentano letti molto piu ampi e profondi, e corrono spesso in terreni collinari o pianeggianti. Le acque al loro interno sono piu miti rispetto ai torrenti montani e purtroppo presentano in media tassi di inquinamento decisamente superiori per via dei numerosi centri abitati e industriali che si dislocano sempre lungo il loro corso.

3- Canali e strutture artificiali. Si tratta di strutture create dall’uomo per deviare il corso di fiumi e torrenti, spesso ai fini agricoli o di allevamento. Tali strutture potranno presentarsi piu o meno naturali, dai piccoli canali di irrigazione in terra fino a quelli in cemento. Il loro letto è quasi sempre ristretto e il corso assai lento.
Nel caso dei canali, l’uomo ha previsto un attraversamento nei pressi di entrate di terreni o strade, perciò nella realtà basterà camminare un po fino a trovare un ponte.

I grandi fiumi allo stesso modo sono disseminati di attraversamenti poiché sarebbe impossibile il guado con profondità molto elevate se non con un natante o in situazioni estreme nuotando, bagnandosi inutilmente e rischiando davvero molto.
Nel caso di fiumi di media dimensione, a seconda delle zone di interesse l’uomo prevede quasi sempre diversi attraversamenti, poiché si parla comunque di corsi d’acqua non piccoli, con letti dai 10 ai 20 metri. Ovviamente è una situazione differente rispetto ad un fiume come Tevere o Po, ma è comunque consigliabile sempre utilizzare strutture la dove vi siano. In realtà in questi casi un possibile approccio esiste, ma è da considerarsi come ultima soluzione in casi estremi, difficilmente verificabili in Italia o nelle tipiche escursioni. In tale situazione una possibile soluzione è applicabile se si puo contare su un compagno e su una corda abbastanza lunga da andare da una sponda all’altra. Il primo compagno con un estremità della corda avrà il compito di guadagnare a nuoto la riva opposta. Il secondo escursionista ora non dovrà fare altro che porsi con la fune piu a monte rispetto al primo e lasciarsi trasportare dalla corrente fino alla sponda opposta. Il principale rischio però consiste per entrambi nella possibilità di imbattersi in rami e detriti semi-sommersi o rocce affioranti non visibili ad occhio umano, nonché ovviamente allo sfinimento, fino al rischio di ipotermia. Si evince chiaramente che tale tecnica è assolutamente sconsigliabile nella maggioranza dei casi, applicabile solo come estrema soluzione magari in caso un compagno non possa proseguire altrimenti, anche se si tratta di una manovra piu consona ad un film di azione piuttosto che alla realtà.

E’ invece possibile spesso un attraversamento di un torrente, avendo determinate accortezze.
I pericoli:
Le Rapide. Sono i punti del fiume dove la pendenza aumenta esponenzialmente creando dei piccoli salti. Si tratta di una via di mezzo tra una cascata di piccole dimensioni e il corso normale del fiume. La pericolosità delle rapide risiede sia nella velocità che acquista l’acqua nel tratto, sia nelle possibili buche scavate dall’impeto del torrente subito dopo i salti. Solitamente le rapide si manifestano in determinati tratti, caratterizzate da una presenza elevata di salti dislocati in maniera discontinua.

Le Buche. Durante il suo corso il torrente non scorrerà mai in maniera omogenea, ma tenderà a distribuire la sua forza in alcuni punti piuttosto che altri. La dove la corrente continua acquista costantemente forza, il terreno tenderà ad essere maggiormente eroso. Tale processo crea nel letto del fiume delle vere e proprie “buche”, con dislivelli a volte molto significativi. In un piccolo torrente di 2 o 3 metri di larghezza si possono facilmente trovare dislocate durante il corso, buche fino ai 2 o 3 metri di profondità. Tali buche possono trovarsi nelle posizioni piu differenti, createsi dopo un salto, all’interno di una serie di rapide, o semplicemente nascoste dalle radici di un albero su una sponda.

Vegetazione laterale. Le sponde di un torrente montano saranno sempre densamente ricoperte di vegetazione, dai piccoli arbusti a veri e propri alberi nati proprio nelle zone limitrofe rese fertili dalle acque in discesa. Tale vegetazione ricoprirà quasi sempre anche le rocce circostanti nei modi piu diversi, con particolar riguardo ai molteplici muschi facilissimi da avvistare. Capita spesso inoltre di vedere alberi cresciuti quasi in acqua (in verità quei punti non erano in precedenza interessati dal letto poi deviato con gli anni), dove sono piu o meno riconoscibili le radici che si allungano dentro il cuore del torrente. Queste radici talvolta possono arrivare anche di qualche metro all’interno del letto, scomparendo nell’ombra degli alberi sovrastanti. Altrettanto spesso queste radici concorrono a creare delle piccole o grandi buche proprio a ridosso delle sponde, frenando l’impeto del torrente e deviandolo, creando così una depressione.

Vegetazione sommersa. Molto spesso i detriti trasportati a valle tendono a confluire in alcuni punti. Sotto una cascata o in una serie di rapide sarà facile imbattersi in rami e altri detriti trasportati e incastrati tra le rocce o radici di alberi. Non è difficile incontrare addirittura rami assai lunghi conficcati nel terreno che affiorano fino in superfice da buche di anche un metro e mezzo.

La Forza. Bisogna considerare che anche lo scorrere apparentemente lento di un torrente puo indurci in errori pericolosi. Quello che ad occhio potrebbe apparire come un lento corso, potrebbe tranquillamente essere invece molto piu veloce del previsto, o nascondere piccole correnti sotto il pelo dell’acqua, molto piu forti di quelle superficiali, magari colpite da venti. Oltre questo problema, bisogna considerare che un torrente, come un fiume, non scorrerà mai in maniera omogenea, perciò vi saranno punti in cui la sua forza sarà quasi nulla e punti in cui difficilmente un uomo potrebbe opporre resistenza. Tendenzialmente in un letto semi-regolare la portata aumenterà avvicinandosi al centro dove la forza sarà maggiore rispetto alle sponde. Cio non è sempre vero però, infatti bisogna considerare anche il letto discontinuo e i suoi avvallamenti invisibili. All’interno di una buca avremo un flusso lento, mentre con acque piu basse potremo incontrare maggior velocità. Tutto questo va ovviamente riportato sul piano reale considerando anche la pendenza che assume il suolo.



un particolare di una serie di rapide


una cascatella e una serie di rapide….il posto perfetto dove si creano le buche piu pericolose e si depositano i detriti.


particolare di alcune rocce a cui stare attenti…..bagnate e piene di muschio, tipiche di questi ambienti

L’Attraversamento:

Analisi del luogo. Innanzitutto è buona norma guardarsi attorno e analizzare il tratto di torrente in questione. Un buon punto per il guado, alla luce delle considerazioni di poco fa, sarà quello con un letto il piu possibile omogeneo. Se il torrente in questione si presenta molto stretto, il problema dell’attraversamento non sussiste come invece nel caso di letti con larghezze maggiori dei 2 o 3 metri. Evitare rapide e cascate è abbastanza intuitivo, poiché l’impeto dell’acqua difficilmente sarebbe contrastabile. La scelta ottimale è di trovare un punto con acqua abbastanza bassa (piu l’acqua sale, piu una superfice sempre piu ampia del nostro corpo sarà interessata dal vettore) dove a vista non si presentano buche notevoli. Trovare un punto con queste condizioni non sempre è possibile e potrebbe richiedere di camminare anche qualche kilometro prima del raggiungimento.

Posizione corretta. Sia che si guadi un letto di 30 cm, sia di 1 metro, l’impostazione ottimale del corpo è univoca. Il viso andrà sempre rivolto a monte e le spalle a valle. Tale direzione consente di poter meglio affrontare la forza dell’acqua facendo leva sulla parte anteriore dei piedi, e consente in caso di caduta di aggrapparsi molto piu facilmente, evitando anche cadute pericolose su sassi o altro. In tale direzione i piedi in caso di scivolata andranno a bloccare la discesa del corpo in maniera istintiva e naturale, cosa impossibile nell’opposta direzione. La parte piu interessata in questo lavoro è ovviamente l’estremità inferiore del nostro corpo, soprattutto le gambe e i quadricipiti. Per migliorare la tenuta e garantire piu forza, la postura ottimale prevede di abbassare leggermente il baricentro del nostro corpo, piegando leggermente le gambe, e tenendole ben larghe. Una posizione eretta con piedi stretti non consentirebbe di guadare facilmente certi torrenti facendo correre qualche rischio. Un utile accortezza, in caso si porti con se uno zaino, è quella di indossarlo nel senso inverso, ovvero davanti al petto. In caso di caduta accidentale, oltre a proteggere il corpo, lo zaino garantirà un minimo di galleggiamento per qualche istante prima di impregnarsi.

Progressione laterale. Il senso di marcia durante il guado sarà sempre laterale, compiendo passi attenti e non ruotando mai il busto, mantenendo il viso a monte. Prima di ogni passo è buona norma tastare con il piede il terreno per verificarne tenuta e profondità.

Appigli laterali. Capita spesso di incontrare fitta vegetazione laterale, quasi a creare appigli naturali cui aggrapparsi. In realtà spesso non potremo contare su questa vegetazione che potrebbe essere ancora piu insidiosa. Se ci aggrappiamo ad un ramo laterale, potremmo avere istintivamente il riflesso di rilassarci, confidando quasi interamente su questo. Tal volta però questi rami giocano brutti scherzi e non di rado quello che sembra una salvezza si rivela un legno semi-marcio che si spezza portandoci dentro l’acqua poiche il nostro corpo si è adagiato. In tali casi è buona norma fare affidamento unicamente sui grandi rami sporgenti, evitando rami semi-spezzati o piccola vegetazione, se non in caso di caduta gia avvenuta.

Bastoncino. Un utilissimo utensile è sicuramente il bastoncino da passeggio che tutti conosciamo. Sia esso un bastone trovato sulla sponda o uno industriale da trekking, questo strumento sarà utilissimo per testare il terreno prima di procedere. Oltre questa funzione intuitiva, il bastone se tenuto leggermente inclinato con la punta inferiore a valle e l’impugnatura a monte, ci sarà utilissimo nella progressione poiché su esso faremo leva per muovere i nostri passi.



un punto potenzialmente buono per l’attraversamento il tipico torrente che potrebbe diventare pericoloso nonostante la ristretta larghezza.


un tratto fin troppo impegnativo da affrontare con cautela solo se non vi sono alternative prossime nei paraggi, da sconsigliare assolutamente.



viso a monte, piedi larghi e tanta attenzione anche nei punti piu facili.

Tutto cio è applicabile sia per l’escursionista solitario, sia per il gruppo. Una possibile alternativa è quella di una specie di “cordata” dove i compagni si assicurano ad una fune portata in precedenza sull’altra sponda dal primo del gruppo. Il rischio in questo caso però è proprio di far troppo affidamento sulla fune, non soffermandosi invece sull’importanza di postura e progressione sicura. Tale stratagemma puo invece essere utile se si tengono a mente tutte le considerazioni fatte in precedenza, e si considera la corda solamente come una sicurezza in piu, e non come l’unico strumento da utilizzare nella progressione.



esempio di utilizzo della corda

MI RACCOMANDO: Sempre massima attenzione ai movimenti , a dove si mettono i piedi e…

Buona Sopravvivenza a tutti!!!

La psicologia della Sopravvivenza : Spunti su come agire e perchè

 

Non esistono solo strumenti fisici per gestire la propria sopravvivenza in situazioni estreme, è  anzi più importante concentrare i propri sforzi prima che sull’azione, sulla propria psiche; controllare il proprio stato mentale è difatti il primo passo verso la salvezza. Sopravvivere equivale a superare date difficoltà, quella che si presenta sempre è quella di riuscire a convincersi che ce la si può fare e che ce la si farà davvero. Vediamo quindi le norme fondamentali della sopravvivenza in qualsiasi situazione:

 

  • Volontà – Mai cedere allo sconforto, mantenere sempre il pieno autocontrollo (sempre e comunque). Mai pensare di aver fatto tutto il possibile. Mai smettere di tentare anche di fronte a innumerevoli fallimenti; la volontà deve essere ferrea, ogni errore non rappresenta un problema ma un’esperienza utile, un passo avanti verso la soluzione.
  • Capacità di adattamento – Ogni tipologia di ambiente (caldo o freddo, umido o asciutto)presenta differenti caratteristiche, occorre adattarsi e resistere a quelle negative ma allo stesso tempo fruire al massimo di quelle positive.
  • Rapidità – Spesso occorre essere fulminei, cogliere la cosiddetta “palla al balzo” e raggiungere un obiettivo dato (nell’agire, nel ragionare o nel valutare le possibili scelte da operare).
  • Fiducia – Sia che ci si trovi soli o in compagnia la prima persona di cui occorre fidarsi è se stessi; se poi c’è qualcun altro occorre discutere e condividere civilmente  tutte le possibili idee ed esperienze.
  • Efficienza fisica – Il proprio corpo ha limiti e potenzialità, non raggiungiamo le prime e sfruttiamo le seconde (es. si corre solo se è necessario); l’obiettivo è risparmiare al massimo le forze fino al momento del salvataggio, curiamo inoltre il nostro stato di salute e la pulizia il più possibile (eviteremo notevoli impedimenti).
  • Esperienza – Ad ogni azione corrisponde un esito/conseguenza, seguiamo i risultati positivi e scartiamo quelli negativi; tutto ci aiuta a migliorare, facciamo tesoro di tutto quello che vediamo o abbiamo visto in passato.
  • Prudenza – Mai agire per puro istinto o guidati dalla fretta/caso; anche se in tempi brevi occorre ragionare lucidamente sul da farsi; proprio per questo il cervello deve essere fresco e la propria volontà decisa a credere nelle proprie capacità.

 

Quando la mente si abbandona alla disperazione non esiste soluzione facile o difficile che possa essere presa (esiste un potenziale 50% di probabilità che la soluzione sia a portata di mano, occorre solo provare a trovarla).

L’ARTE DEL SURVIVAL! SCOPRILA CON NOI!

In quest’articolo leggerete del Survival, in realtà non si tratta SOLO di uno sport. La conoscenza di tecniche di sopravvivenza, ci può aiutare ad affrontare nel giusto modo, situazioni pericolose derivanti da trekking, sport estremi, avventura ecc.

Quando si sente pronunciare la parola “survival” si pensa immediatamente a uomini impegnati in avventure estreme, come nella foresta Amazzonica oppure in una giungla ecc. Nulla di più sbagliato anche se esistono molti esempi in tal caso, amplificati da spot televisivi.
Survaival
a mio parere è la capacità di padroneggiare le situazioni che capitano nella vita, dalle semplici a quelle più critiche, senza la ricerca esasperata dell’estremo.

Le cose necessarie a sopravvivere in un ambiente a noi non adatto, ciò dovuto alla vita moderna che ci ha fatto perdere il senso di “sopravvivenza” che da sempre era stata una prerogativa dell’uomo.

V’insegneremo a riconoscere le erbe medicinali, gli animali del bosco e a riconoscere le loro tracce. Imparerete a costruire bivacchi d’emergenza, immaginate durante un’escursione in montagna di non riuscire a tornare dal luogo di partenza, a causa delle avverse condizioni meteorologiche.
Apprenderete come accendere fuochi, credetemi non è così banale come può sembrare… ne ho avuta prova nei miei viaggi in Africa con la moto. Sono rimasto colpito da come i Tuareg riuscissero ad accendere dei fuochi con le poche radici secche reperite nel deserto.
Lo so queste sono situazione che qui non si verificano, ma danno l’idea del senso di disorientamento che prova l’uomo quando è immerso in una natura a lui non congeniale, per stile di vita ovviamente.

Altra cosa molto utile è saper “leggere” una cartina geografica, usare la bussola, cose che si possono apprendere anche praticando Corsi di Orientamento e Topografia da noi organizzati

Pensate ora di ritrovarvi da soli in montagna, intorno a voi il nulla.
Nessuna casa o villaggio nel giro di una quindicina di chilometri… avete solo una cartina; bussola e uno zaino con poche cose dentro, alle quali spesso si da poco valore.
Dopo un primo momento di smarrimento dovuto alla situazione che si sta verificando, potrai mettere in pratica le cose imparate nei nostri corsi.

 

VI ASPETTIAMO PER INIZIARE INSIEME UN’ESPERIENZA CHE CAMBIERA’ IL VOSTRO MODO DI VEDERE LE COSE…!RISCOPRI LA NATURA E RITROVA TE STESSO!

SOPRAVVIVENZA: Come costruire una corda

Immagine documento

Costruire una fune intrecciando componenti di fortuna (vegetali e non)

L’efficacia di una corda

Quando ci si trova improvvisamente in situazioni avverse è importante sapersi costruire e/o ricavare utensili base, uno di questi è appunto: la corda. Con una fune si possono fare parecchie cose: scalare, calare, legare, tenere insieme e molto altro ancora. Perchè tuttavia questi utilizzi siano possibili è di vitale importanza approntare una corda elastica, resistente e adatta all’uso che ne vogliamo fare; a tale scopo, nella presente trattazione, cercheremo di imparare una tecnica semplice ed efficace.

Una buona corda è fatta di più “fili” intrecciati più volte tra loro a formare un’unica fune dalla resistenza notevolmente superiore ai singoli elementi che la compongono. In sostanza la forza applicata in tensione non si concentra parallelamente alla lunghezza della corda ma si potrebbe (impropriamente) dire che si ripercuote obliquamente e frazionata su più cordicelle; il risultato è quindi che la forza disperde la sua intensità in una spirale.

Come costruire una corda

Vediamo ora come costruire una corda, quali gli accorgimenti e i materiali:

  • Quali materiali – Perchè la corda risulti robusta è fondamentale scegliere materiali lunghi, asciutti, lievemente elastici e resistenti come: spago, piante rampicanti, alghe, erbe (ortiche, caprifoglio, ecc.), giunchi, liane, radici, fusti verdi (non secchi), scorza, canne verdi, tessuto, fronde/foglie (palma, rami, ecc.), crini o tendini di animali (bagnati).
  • Quali steli – Scegliamo sempre gli steli più lunghi, grandi, elastici e ragionevolmente spessi; evitiamo parti ammuffite, danneggiate e/o marce; per avere la certezza di aver scelto bene leghiamo con un nodo semplice due steli e proviamo a tirare dai due lati (con una forza media): se la fibra si spezza è debole, se il nodo si scioglie è troppo liscia e/o viscida.
  • Elasticità – A riguardo dell’elasticità possiamo dire che anche componenti rigidi possono essere “elasticizzati”: spellandoli, immergendoli in acqua per alcune ore, esponendoli a vapori o in taluni casi al calore del sole; detto questo occorre naturalmente pensare anche all’uso che si intende fare della corda (una canna di bambù per esempio potrebbe essere piuttosto rigida ma comunque utile a dati scopi).
  • Resistenza – Se la corda ci serve per sollevare (o peggio sospendere) carichi è importante optare per fibre più “poderose”: testiamone l’efficacia piegando la fibra in quattro direzioni diverse e osserviamo come e se si danneggia, in seguito sottoponiamola a tensione e riflettiamo nuovamente sulla sua fruibilità; evitiamo, se dobbiamo utilizzare la fune per più giorni, materiali che alla lunga tendono ad irrigidirsi seccandosi.
  • Intrecciare – Per costruire una corda davvero resistente è necessario per prima cosa creare delle specie “spaghi” attorcigliando (in senso orario) più filamenti; in secondo luogo legare tra loro tre di questi e infine procedere ad intrecciarli l’uno con l’altro (in senso antiorario, come descritto nell’immagine a fianco); ricordiamo di mantenere costante: direzione, simmetria e spessore; cerchiamo inoltre di stringere il più possibile la treccia.
  • Lavorare agevolmente – Per intrecciare con più facilità si possono posizionare dei piccoli legnetti legati alle estremità dei tre spaghi; allo scopo di lavorare con una corda corta e piuttosto tesa è utile invece avvolgere attorno ad un albero la parte già ultimata e tenere solo la parte che si sta elaborando.
  • Allungare – Siccome è raro trovare filamenti lunghi 20 o 30 metri è quasi consequenziale pensare di doverne legare più blocchi attraverso dei nodi (per imparare a fare vari tipi di nodi: pagina 1 e pagina 2). Per creare invece una corda più spessa è sufficiente aumentare il numero di filamenti o intrecciare più corde già ultimate.
  • Finitura – Affinchè la nostra fune non si sfilacci deve essere “impalmata” (fissata) alle  estremità (si veda la figura a fianco, punto 6); leghiamo quindi i tre filamenti sospesi attraverso una cordicella più sottile (in modo deciso, compatto e con più giri).
  • Precauzioni – Mai usare una corda prima di averne testato l’effettiva resistenza in condizioni simili a quelle di impiego; cerchiamo inoltre di fare calcoli ampi: se possibile, usiamo più corde, più spesse, insomma non facciamo completo affidamento su una corda messa insieme alla buona e con materiale di fortuna.

Come costruire una zattera di fortuna

Cosa può essere utile nella progettazione di una zattera in sopravvivenza

In ambienti marini, lacustri, fluviali (ecc.) può capitare di dover navigare o semplicemente attraversare zone ricoperte d’acqua al fine di raggiungere una costa o ad esempio una nave che ci tragga in salvo. La prima cosa da fare è elaborare (se non per iscritto almeno a mente) un progetto di ciò che ci apprestiamo a “mettere insieme”, fatto questo occorre procurarsi la materia prima atta ad approntare l’imbarcazione di fortuna:
La base galleggiante – Legna (tronchi, più tronchi uguale più distribuzione dei pesi e quindi maggiore portata), copertoni, camere ad aria o bidoni di plastica chiusi ermeticamente (insomma qualcosa di solido e allo stesso tempo abbastanza leggero da galleggiare).
Corda – Più corde lunghe e robuste (anche ricavate dalla vegetazione, di qualsiasi materiale purchè resistenti all’usura e alla tensione a cui verranno sottoposte); in assenza di corde e nell’impossibilità di costruirne, la zattera può essere tenuta insieme anche incastrando saldamente tra loro le parti compositive del “mezzo”.
Coperture – Se possibile qualcosa di piatto che saldamente tenga insieme i galleggianti su cui poi stare durante la navigazione (es. pezzi leggeri di edifici come porte, persiane, ecc.); se pensiamo che la traversata durerà molto possiamo approntare poi una qualche copertura a “v” o a “tettoia” (protezione contro sole, pioggia, ecc.).
Strumenti di navigazione – Sarebbe molto utile una salda e ampia vela “ammainabile” (ottenuta magari unendo fogliame di gradi dimensioni, vestiti, coperte, ecc.) e sicuramente uno o più remi/pagaie (bastoni lunghi e resistenti se si deve attraversare ad esempio un fiume poco profondo, bastoni medi con delle parti piatte legate a “x” per tragitti di altro genere); se infine le condizioni lo permettono un qualcosa di piatto semi-immerso perpendicolarmente sul retro che dia la possibilità di essere “girato” al fine di alterare la direzione di navigazione.

Cosa tenere presente nella costruzione di una zattera di sopravvivenza

Vediamo ora cosa tenere presente durante la costruzione della nostra “zattera di salvataggio”:
Trasporto e strumenti – Non di secondaria importanza è poi il poter trasportare fino al luogo di ammaraggio i materiali da costruzione intatti (senza correre rischi) e soprattutto il poterli “lavorare” (un coltello è sempre utile ma rocce o oggetti taglienti possono in taluni casi risultare buoni sostituti; per il “martello” usiamo rocce sferiche di media dimensione); ricordiamo poi che l’imbarcazione finita potrebbe dimostrare un certo peso, stiamo quindi vicini alla riva ed eventualmente costruiamo uno “scivolo”.
I galleggianti – E’ possibile usare dei tronchi di media dimensione e legno leggero, contenitori in plastica chiusi ermeticamente, pneumatici, camere ad aria, ecc.; se si decide di utilizzare oggetti gonfiati è buona norma assicurarsi che durante la navigazione non ci sia qualcosa che li possa forare (spine, scogli, ecc.)
Coesione – Se i galleggianti e ciascuna altra componente dell’imbarcazione non sono tenuti insieme in modo intelligente in breve il tutto cederà agli urti dell’acqua; in assenza di chiodi adatti è comune l’uso di corde (anche ricavate dalla vegetazione) o i caso estremo di sistemi ad incastro; nel dare “coesione” ricordiamo un unico principio: tutte le componenti devono poter subire pressioni almeno dal basso (acqua) e dall’alto (equipaggio) senza danneggiarsi (usiamo più corda possibile, facciamola girare e “penetrare” il più possibile attorno a ciascuna componenti della barca).
Sicurezza – Risulta spesso utile avere la possibilità di aggrapparsi a qualcosa di solido, di affrancare i remi ed eventualmente di chiudere/ritirare la vela; facoltativamente una cesta/scatola ben affrancata (per trasportare cibo, strumenti per la segnalazione, attrezzi per riparazioni e/o pesca, ecc.).
Navigare – Perchè un natante sia minimamente adatto alla navigazione è necessario che sia più lungo che largo; in secondo luogo, per stare a galla, se di legno, deve avere una doppia struttura di tronchi fissati e sovrapposti in direzione opposta (sotto quelli pesanti, sopra i più leggeri, questo perchè il legno galleggia ma non abbastanza da sostenere forti pesi; una parte resterà difatti sommersa).
Resistenza – Prima di effettuare il vero e proprio “ammaraggio” è indispensabile testare prima su terra e poi in acque poco profonde la stabilità, la robustezza e la funzionalità della zattera; mai caricare oggetti inutili, se abbiamo usato del legno come galleggiante ricordiamo che la massima portata si aggirerà attorno alle 2-3 persone (durante la navigazione stiamo il più possibile seduti senza danneggiare lo “scafo”).Le indicazioni qui riportate non fanno parte di un vero e proprio progetto da seguire passo passo (in situazioni di pericolo non sapremmo come comportarci) ma possono essere considerate come consigli atti a realizzare una zattera in grado di resistere il tempo necessario a raggiungere la propria “salvezza”.

Conosciamo davvero la natura?

La vulgata scientista oggi dominante vorrebbe farci credere che della natura, almeno per quanto riguarda il nostro pianeta, sappiamo ormai, se non proprio tutto, quasi tutto; che il mondo dei minerali, delle piante e degli animali non ha più segreti per noi, così come ne ha pochi il mondo dei fenomeni atmosferici; ma è proprio vero?
 
Cominciamo da alcune brevi, semplicissime riflessioni.
 
Primo: noi conosciamo appena la superficie della Terra, non le sue profondità; tutto quel che sappiamo, o che crediamo di sapere, riguardo a queste ultime, è frutto esclusivamente di congettura; di fatto, nessun essere umano si è mai spinto più in basso di qualche chilometro, mentre il raggio del nostro pianeta è di ben 6.350 km. (con una lieve differenza fra il raggio polare, più corto, e quello equatoriale, più lungo).
 
Secondo: tre quarti della superficie terrestre sono occupati dai mari e dagli oceani, la cui conoscenza, specialmente per quel che riguarda i fondali, è molto approssimativa rispetto alla terra ferma; anche in quest’ultima, peraltro, esistono vaste zone pochissimo conosciute.
Quel che sappiamo della foresta equatoriale, lo sappiamo quasi soltanto dalla fotografia aerea; ma essa ci mostra solo la superficie dei fiumi più larghi e le chiome degli alberi più alti, a quaranta o cinquanta metri d’altezza dal suolo; di quel che si trova al si sotto, possediamo nozioni nel complesso rudimentali.
 
Terzo: quel che sappiamo del mondo vivente si può desumere dal fatto che non siamo neppure in grado di fare una stima attendibile, non degli individui, ma delle specie: le cifre proposte dai biologi oscillano entro un margine amplissimo, da un minimo di tre milioni a un massimo di trenta milioni di specie; ma quelle che conosciamo effettivamente, che abbiamo studiato e catalogato, sono solo una piccolissima percentuale di esse…
 
 
È vero che, per la maggior parte, si tratta di specie di piccole o piccolissime dimensioni, insetti specialmente; ma è altrettanto vero che, in tempi storici e addirittura recenti, per esempio lungo tutto il corso del XX secolo, sono stati scoperti esemplari viventi di grandi dimensioni, dei quali non si sospettava minimamente l’esistenza: dall’okapi al gorilla di montagna, dal celacanto al leopardo delle nevi, dal drago di Komodo al canguro arboricolo di Vogelkop, nella fitta foresta della Nuova Guinea Occidentale.
Sospettiamo, ad esempio, che esistano numerose altre specie di uccelli, perché, nel cuore della foresta amazzonica, sono stati uditi dei canti e dei richiami diversi da quelli di tutte le specie a noi note, ma nessuno le ha viste; e abbiamo ragione di pensare che, in mare, vivano delle creature di notevolissime dimensioni, perché, di tanto in tanto, le onde gettano a riva dei resti putrefatti, e quindi irriconoscibili, appartenenti ad esseri sconosciuti alla zoologia marina.
In altri casi, sono le impronte sul terreno, o dei resti di escrementi, a suggerire che vivano tuttora animali di grossa taglia, mammiferi e rettili, che la scienza ignora; alcune tradizioni e alcuni racconti di popolazioni indigene sostengono addirittura che esistono, ai nostri giorni, o che esistevano fino ad anni recentissimi, creature simili ai dinosauri, nei recessi più impervi della foresta africana, nel bacino del Congo, lungo i fiumi del Camerun o nelle paludi dello Zambia; e che una o più specie di “gigantopithecus” si aggirino sulle pendici dell’Himalaya.
Alcuni testimoni occasionali sostengono di aver visto, nella foreste africane o sud-americane, serpenti di dimensioni spropositate, più grandi di qualunque anaconda; e un certo numero di marinai, compresi capitani di nave, sostennero e sostengono tuttora di avere avvistato creature acquatiche di lunghezza mostruosa, come i leggendari serpenti di mare; avvistamenti analoghi si segnalano anche nelle acque di numerosi laghi, sparsi in tutto il mondo: dall’Europa all’America Settentrionale, dall’Asia all’Australia.
 
Scrive Lino Penati, un naturalista che si è occupato anche degli enigmi della cripto zoologia (ad esempio, del mistero della Bestia del Gévaudan) nel libro “Gli animali della giungla” (1):
 
«…La nostra ignoranza è particolarmente clamorosa nel caso delle specie alate della giungla tropicale, di moltissime delle quali, composte di pochi esemplari scarsamente visibili, si sospetta l’esistenza solo per il canto non identificato ascoltato al mattino o a sera, sulle radure e lungo i corsi d’acqua. In un solo ettaro di foresta dell’Ecuador sono state contate non meno di 40 specie di uccelli; di taluni esemplari unici della Nuova Guinea, conservati nei musei, non si sa ancora se si tratti di vere specie o di incroci tra specie tuttora ignote; nell’Africa occidentale, tre specie di picchi vivono rispettivamente solo nel Camerun, all’isola di Fernando Poo e sul Monte Kupé; due specie di assioli vivono solo nelle isole di Annobon e di Sao Tomé, l’assiolo di Morden solo in pochissimi chilometri quadrati della foresta di Arabuko-Sokoke in Kenya (sparirà se questa verrà abbattuta o incendiata). Un succiacapre non lascia il Ruwenzori, e del bellissimo colombo silvano del Congo e dell’Uganda nessuno ha mai trovato nidi e uova.
La giungla ospita uccelli rimasti immutati da milioni di anni, veri relitti sul cammino dell’evoluzione [beninteso, aggiungiamo noi, se si considera l’evoluzione una realtà dimostrata e non una semplice ipotesi scientifica] I pitacarte, parenti dell’usignolo del Giappone, e di certe cince della California, presenti con popolazioni isolate nelle foreste dell’Africa occidentale, si nascondono sul terreno dove procedono a balzi e razzolano all’indietro; fanno nidi a ciotola tra le rocce e trasportano materiale da costruzione e preparano il nido in una sorta di fagotto vegetale. Nella valle congolese dell’Ituri vive il pavone del Congo (“Afropavo congensisi”), che sta tra il pavone e le galline faraone, con penne a caratteristiche primitive e abitudini notturne; scoperto nel 1913, quasi non costruisce il nido e i suoi richiami si trasmettono da gruppo a gruppo attraverso chilometri di giungla. Il fossile vivente della foresta amazzonica, l’Hoazin […], ricorda l'”Archaeopterix” e forse è immutato da 40-50 milioni d’anni.»
 
Uccelli la cui esistenza si sospetta solo per averli uditi cantare, nelle primissime ore del giorno oppure poco prima del sopraggiungere del buio; altri, il cui habitat è limitato a piccole isole lontane dalle coste o a singole montagne e singoli distretti forestali; altri ancora i quali, pur conservati nei musei naturalistici, non si sa a quale specie ascrivere; una specie di pavone africano scoperto solo alla vigilia della prima guerra mondiale…
L’elenco delle “stranezze” potrebbe continuare, e fin qui abbiamo parlato solo degli uccelli della foresta equatoriale; tuttavia crediamo di aver raggiunto lo scopo di mettere la classica pulce nell’orecchio a quanti pensano che, nel campo della zoologia, a parte gli insetti, non ci sia quasi più niente da scoprire.
 
Fino a qui ci siamo limitati a parlare delle creature viventi; ma che dire dei fenomeni atmosferici, che la meteorologia credere di conoscere quasi interamente?
Sappiamo che ogni anno, e specialmente in certe zone dei mari e degli oceani, ad esempio nel medio Atlantico e ad Est dell’Arcipelago giapponese, scompaiono imbarcazioni, anche di grosse dimensioni, ed aerei, talvolta intere squadriglie (come nel celebre caso del dicembre 1945), dei quali non viene poi trovata la benché minima traccia: né rottami, né macchie di olio o di carburante, né, tanto meno, i corpi degli sfortunati esseri umani che si trovavano a bordo, membri dell’equipaggio e passeggeri.
Per spiegare le frequenti scomparse nel cosiddetto Triangolo delle Bermuda, ad esempio, alcuni studiosi, pur respingendo l’idea stessa che un tale “triangolo” esista, sono stati costretti ad ipotizzare dei fenomeni assolutamente subitanei e d’impensabile distruttività, dei vortici oceanici e delle trombe marine con caratteristiche anomale, che si comportano in maniera radicalmente difforme rispetto ai fenomeni naturali conosciuti.
 
E fin qui ci siamo limitati a parlare delle creature viventi e dei fenomeni dell’aria e del mare; non abbiamo detto nulla di fenomeni ancora più sorprendenti, come quelli che riguardano il paranormale o il soprannaturale; non abbiamo detto e non diremo nulla, in questa sede, della telepatia, della chiaroveggenza, della retro-cognizione, dello sdoppiamento del corpo astrale, della levitazione, della incombustibilità, della capacità di alcuni fachiri di camminare sui chiodi, di ingoiare pezzi di vetro, di farsi seppellire e riemergere, vivi e sani, dopo giorni e giorni; oppure di quella, propria di certi mistici, di vivere per molti anni senza assumere alimenti, né solidi, né liquidi; di proiettarsi a distanze anche grandissime, sotto lo sguardo di numerosi testimoni; di far fiorire giardini in pieno inverno o diffondere inspiegabili profumi intorno a sé.
 
E non abbiamo detto nulla, né, in questa sede, intendiamo farlo, dei salti spazio-temporali, per cui alcuni soggetti compaiono inaspettatamente in luoghi lontani, senza sapere come e perché, o in epoche diverse da quelle cui appartengono; e neppure delle guarigioni miracolose e scientificamente inspiegabili; né delle inaudite trasformazioni che si manifestano nel corpo e nelle facoltà di soggetti posseduti da forze inspiegabili, di natura chiaramente maligna; né, ancora, di provvidenziali interventi di soggetti che salvano individui in pericolo, per poi scomparire nel nulla, così come dal nulla erano sembrati apparire…
 
Crediamo che la natura non abbia più segreti per noi; però non sappiamo spiegare da dove vengano le pietre che “piovono” dall’alto durante una seduta spiritica, apparentemente attraversando il tetto, ma, cosa ancora più strana, senza mai fare del male alle persone, almeno in modo serio; né come mai una persona incolta si metta, a un certo punto, a parlare in greco antico, in egiziano e in altre lingue scomparse ed a lui assolutamente sconosciute.
Non sappiamo cosa siano gli Oggetti Volanti Non Identificati, né da dove vengano, né di quale energia si servano per evoluire nei cieli in maniera contraria alle leggi fisiche a noi note; non sappiamo chi abbia tracciato i cerchi nel grano, almeno quelli più grandi e complessi, veri e propri arabeschi comparsi nei campi coltivati nello spazio di una sola notte, forse di pochi minuti; e non sappiamo come spiegare la presenza di manufatti inglobati in rocce antiche milioni e milioni di anni, quando, ci dicono gli scienziati “ortodossi”, delle creature intelligenti ed evolute non potevano assolutamente esistere sul nostro pianeta.
Pensiamo di essere pronti per l’esplorazione dello spazio, ma non sappiamo dire che cosa avvenne esattamente nella foresta siberiana, presso le rive del fiume Tunguska, in quel terrificante 30 giugno del 1908, quando migliaia di alberi vennero abbattuti da una forza immane e subitanea, subito dopo che una luce abbagliante aveva solcato il cielo.
 
Sono tante, tantissime le cose che ignoriamo; però non abbiamo l’onestà intellettuale di riconoscerlo e preferiamo fare finta che sul nostri pianeta non vi sia più alcun mistero da spiegare, ostentando uno scetticismo imbevuto di pregiudizi materialisti.
Il mondo non è così piccolo come vorremmo credere; la storia umana, che crediamo di conoscere piuttosto bene, forse è tutta da riscrivere e da retrodatare di milioni di anni; mentre della natura, che pensiamo non abbia più segreti per noi, si può dire che conosciamo appena un po’ la superficie, ma non le profondità nascoste.
La verità è che l’ubriacatura razionalista e illuminista ha ritardato di secoli l’elaborazione del un giusto atteggiamento da tenere nei confronti della natura, del suo studio, di quello che crediamo il suo assoggettamento; e, in particolare, ci ha indotti a stabilire una distinzione troppo rigida fra ciò che i filosofi medievali chiamavano l’ordine naturale e l’ordine soprannaturale.
Così, abbiamo finito per credere che tutta la realtà si possa spiegare con gli strumenti della ragione strumentale e calcolante, con il metodo sperimentale, con le categorie del materialismo e del meccanicismo, con i dogmi dello scientismo; e che non vi siano altre realtà, altri livelli di verità, al di fuori di quelli.
Abbiamo confuso i misteri con i problemi e ci siamo illusi che tutto, prima o poi, verrà spiegato in termini di dimostrazione matematica; invece non è affatto così…
 

http://crepanelmuro.blogspot.it

I 100 litri d’acqua più facili da ottenere in caso di Emergenza con il WaterBOB

Nel film di sopravvivenza realizzato da Cormac MacCathy “La strada”, subito dopo l’esplosione nucleare (o qualsiasi altra cosa fosse) Viggo Mortenson corre a riempire la vasca da bagno.

Sa bene, infatti che di lì a poco il sistema idrico pubblico andrà in collasso e avere una vasca piena d’acqua è una cosa estremamente importante. Questa è una grande idea da attuare in ogni situazione di emergenza quando c’è un minimo di preavviso.

Una cosa molto interessante da utilizzare è il “WaterBOB” cioè un contenitore di plastica resistente che va collocato nella vasca da bagno e riempito. Rimane nella vasca ed è dotato di un tubo che va sotto al rubinetto così da poterlo riempire.

waterbobwaterbob

Ecco le caratteristiche del WaterBOB:

  1. Può contenere fino a 100 litri
  2. E’ dotato di una pompa sifone per prelevare l’acqua

Vantaggi:

Si può pensare che sia uno spreco di denaro perché basterebbe riempire la vasca anche senza la contenitore interno. La cosa non sarebbe sbagliata, ma tieni conto però di un paio di cose:

1. Pulizia:
Sicuramente non è che  pulisci la vasca ogni giorno, in più la usi per lavarti. Personalmente preferisco tenere la mia acqua potabile in un contenitore di tipo alimentare.

2. Durata
Si spera che questi 100 litri ti durino almeno un paio di settimane (dipende dal numero di persone). L’acqua che risiede nella vasca per diverse settimane, senza neanche poterti prima lavare le mani, diverrà sporca e stagnerà in poco tempo.

3. Perdite
Se anche la tua vasca fosse più pulita del tavolo di un chirurgo, resta il problema delle perdite. E se anche il tuo scarico fosse ben resistente, una minima perdita è comunque assicurata, il che è inaccettabile in una situazione di sopravvivenza. Con il WaterBOB non perderai mai una sola goccia di acqua.

4. L’esaurimento della scorta
Che fare quando la fornitura finisce? Preferirei avere gli ultimi litri d’acqua a disposizione in un contenitore di plastica facile da spostare e travasare piuttosto che disporre di mezzo pollice d’acqua vecchia di tre settimane sul fondo della vasca.

5. Economico:
30 € potrebbero sembrare troppi per un WaterBOB, ma se pensi che  i contenitori per uso alimentare costano intorno ai 40€, oltre ai coperchi che dovrai comprare, e non otterrai che la metà della capienza a disposizione, ti rrenderai conto che 40 Euro sono una spesa più che accettabile.

Purtoppo però in Italia non ho ancora trovato un negozio (online o offline) dove acquistare il WaterBOB. E’ possibile acquistarlo solo in America, magari tramite qualche sito online come quello di Amazion.com che te lo spedisce direttamente a casa in circa 2 settimane.

WaterBoB su Amazon.com

Video: Guarda il video per capire come funziona.

http://www.youtube.com/watch?v=I8Vz19uhcW0&feature=player_embedded

tratto da sopravvivenzatotale

Le 100 cose che spariscono prima in caso di emergenza

In caso di emergenza ci sono determinate cose che vanno letteralmente a ruba nei negozi e quindi finiscono prima di altre. Quindi puoi anche chiamarle “ le cento cose che devi iniziare a mettere da parte” visto che al momento dei un eventuale emergenza potresti anche non riuscire a trovarle.

Anche se per ognuna non te ne serviranno più di due esemplari (devi avere due di tutto). Considera che ognuna di queste cose si presta bene anche per il baratto.

Ecco quindi i 100 articoli più importanti che devi incominciare a mettere da parte per poter sopravvivere in caso di emergenza.

1. Generatori di corrente
2. Filtri per l’acqua / Purificatori
3. WC portatile
4. Legna da ardere stagionata.
5. Lampada ad olio, stoppini, lampade, lanterne
6. Stufa a combustibile da campo
7. Armi, pistole, munizioni, spray al pepe, coltelli, mazze e fionde.
8. Apriscatole manuale,  sbatti uovo a mano, fruste.
9. Miele, Marmellata,  Zucchero bianco e/o di canna
10. Riso, Fagioli, Frumento
11. Olio vegetale (per la cottura)
12. Carbone e fluido incendiabile
13. Recipienti d’acqua
14. Mini stufa a combustibile
15. Macinino a mano
16. Bombole di propano (Urgente: verrà a mancare subito).
17. Manuale di sopravvivenza.
18. Retine per lanterna
19. Cose per neonati: pannolini, unguenti, aspirina, ecc..
20. Bacinelle, spazzoloni, strizzatore (per lavanderia)
21. Fornelli a propano
22. Vitamine, integratori
23. Cilindri di propano portatili
24. Prodotti per l’igiene femminile, per la cura dei capelli e per la pelle.
25. Biancheria intima termica, polipropilene
26. Arco seghe, asce e accette, cunei (anche, olio per legno)
27. Foglio di alluminio Reg. & Heavy
28. Contenitori per benzina (in plastica e metallo)
29. Sacchetti per l’immondizia
30. Carta igienica, fazzoletti di carta, asciugamani di carta
31. Latte in polvere e condensato
32. Semi da giardino (non misti)
33. Spilli da balia, filo, gruccia
34. Kit di riparazione
35. Tonno (in olio)
36. Estintori (o grande scatola di bicarbonato di sodio in ogni camera)
37. Kit di pronto soccorso
38. Batterie
39. Aglio, spezie e aceto
40. Cani di grossa taglia (e cibo per cani in abbondanza)
41. Farina, lievito e sale
42. Fiammiferi
43. Carta da lettere, pastelli, matite, calcolatrici solari
44. Borsa da ghiaccio
45. Stivali da lavoro, cinture, jeans e camicie resistenti
46. Torce, fiammiferi, fiaccole, lanterne
47. Riviste, agenda e album
48. Bidoni per l’immondizia
49. Igiene: Shampoo, Spazzolino, dentifricio, filo interdentale
50. Pentole in ghisa
51. Utensili per la pesca, ami
52. Zampironi, repellente spray antizanzare, pomate
53. Nastro isolante
54. Teloni, paletti, spago, chiodi, corda, picchetti
55. Candele
56. Detersivo (liquido)
57. Zaini, borse Duffel
58. Attrezzi da giardino
59. Forbici, stoffe e utensili cucito
60. Conserve di frutta, verdure, zuppe, stufati, ecc
61. Candeggina
62. Utensili per inscatolare (Vasi, coperchi, cera)
63. Coltelli e strumenti di affilatura: lime, pietre, acciaio
64. Biciclette, Pneumatici, camere d’aria, pompe, catene, ecc
65. Sacchi a pelo e coperte, cuscini, tappetini
66. Allarme da monossido di carbonio (a batteria)
67. Giochi di società, carte, dadi
68. Veleno per topi
69. Trappole per topi, trappole per formiche e richiami per scarafaggi
70. Piatti di carta, ciotole, utensili
71. Salviette per bambini, oli, saponi a secco e antibatterici
72. Equipaggiamento da pioggia, stivali in gomma, ecc
73. tutto per la rasatura
74. Pompe a mano e sifoni (per l’acqua e i carburanti)
75. Salsa di soya, aceto, dadi, sugo, zuppe
76. Manuale per Boy Scout
77. Cioccolato, cacao, aromi
78.  Kit di Sopravvivenza in scatola
79. Indumenti di lana, sciarpe, cuffie / guanti
80. Occhiali da lettura e da sole
81. Kit per isolamento delle finestre
82. Crackers, salatini, biscottini, carne essiccata
83. Popcorn, burro di arachidi, noccioline
84. Calze, Biancheria intima, magliette, ecc (in più)
85. Legname (di tutti i tipi)
86. Carrelli (per i trasporti da e per)
87. Culle e Materassi gonfiabile
88. Guanti: da lavoro, per riscaldarsi, per il giardinaggio, ecc
89. Supporti per lanterna
90. Colla, chiodi, viti, dadi e bulloni
91. Tè
92. Caffè
93. Sigarette
94. Vini, Liquori (per comprare, medicare, ecc,)
95. Paraffina
96. Colla, chiodi, dadi, bulloni, viti, ecc
97. Gomma da masticare, caramelle
98. Atomizzatori (per raffreddare e lavarsi)
99. Cappelli e foulard in cotone
100. Capre, polli, conigli

Che cosa pensi che manca per sopravvivere ?
Cosa pensi sparirà prima tra le cose che nella lista non ci sono?

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