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Come piantare e coltivare una pianta di Ananas in casa propria

Tutti conosciamo gli ananas, ma non tutti sappiamo che dall’ananas stesso si può ricavare una pianta di Ananas!

La pianta è tropicale e imponente per la dimensione, molto bella da vedere. Seguire la crescita del frutto al centro è un osservare lento e sorprendente.Ottenere una pianta come quella che vedete in alto è di una semplicità altrettanto sorprendente e vi descriverò come fare. L’unica spesa da sostenere è l’acquisto di un ananas presso un supermercato qualsiasi, nel giro di due anni avrete un ananas nato dalla vostra bellissima pianta tropicale.
L’unica cura è valutare se c’è abbastanza spazio nella vostra casa, crescerà parecchio in larghezza. Ecco come fare:
Tagliare la parte alta dell’ananas avendo cura di lasciare circa un centimetro e mezzo di polpa sotto il ciuffo di foglie.
Mettere la parte superiore in un piatto e versare poca acqua. L’acqua deve coprire solo la metà della polpa.
Posizionare il piatto vicino ad una finestra in modo che sia ben illuminato. Lasciare in questa posizione per tre giorni. Piantare poi in un vaso con della buona terra, avendo cura di interrare solo la polpa. Se nn ci sono germogli visibili non fa nulla, spunteranno in seguito. Non aggiungete troppa acqua, il necessario per bagnare appena la terra attorno alle foglie. In due anni avrete una pianta come quella in basso e probabilmente avrà già il suo piccolo ananas al centro.
Questa è una pianta tropicale, dunque poca acqua, quanto basta a inumidire la terra, mai a saturazione. Il ristagno è letale.
La frequenza di innaffiatura varia a seconda del clima, consiglierei di bagnare quando la terra risulta asciutta. E asciutta non significa secca da settimane, va tenuta sotto controllo, insomma.
Meglio tenerla al coperto, ma in estate può essere portata all’esterno. Specialmente se si  vive, come me, in un paese caldo. Consiglio anche qui un occhio particolare, meglio proteggerla dal sole diretto per tutto il giorno, ponetela in un posto soleggiato solo per metà della giornata.
Tutto qui…il resto lo farà la natura.
Le immagini che seguono mostrano l’ananas che la pianta produrrà.
Laura Buscaino
Thanks to tickledred.com

Argilla: il benessere che proviene dalla terra

L’argilla rappresenta uno dei più antichi rimedi naturali conosciuti, si dice che il suo uso risale ai principi dell’umanità, poiché l’uomo istintivamente, imitando gli animali che si rotolano nel fango, ne abbia conosciuto le proprietà.
L’argilla ha proprietà antinfiammatorie, purificanti, lenitive, antibiotiche, cicatrizzanti, antisettiche, idratanti, disintossicanti, decongestionanti, immunostimolanti, tonificanti, rinfrescanti e molto altro.
I vantaggi dell’argilla sono molteplici giacché è un efficace antibiotico, disintossica l’organismo, mantiene la salute dell’apparato digerente, arricchisce il sangue, assorbe le radiazioni nocive, distrugge le cellule malate, rivitalizza il metabolismo, stimola le funzioni della pelle, favorisce l’eliminazione dell’acido urico e tonifica in genere.


Tutte le argille hanno le stesse qualità ma in proporzioni diverse.
 
Argilla Verde
 
Utile negli impacchi come antinfiammatorio, analgesico e ingerita calma le ulcere dello stomaco e regola le funzioni intestinali. Ne va preso un cucchiaio in un bicchiere d’acqua e lasciato riposare in modo che l’argilla si depositi nel fondo, si beve al mattino appena svegli.
 
Stimola la circolazione di ossigeno, nutre e rigenera la pelle deteriorata e può essere usata anche come shampoo per capelli grassi.
 
Argilla Bianca
 
Questo tipo di argilla è più neutra e delicata ed è impiegata principalmente per uso interno.
Per uso esterno può essere applicata come cataplasmi e maschere, nei bambini si può applicare per la disinfezione. Può essere utilizzata anche come collutorio orale e borotalco per i bambini.
 
Argilla Rossa
 
E’ un’argilla utilizzata soprattutto a livello medicinale per la sua capacità di assorbire le ulcere gastriche, colite e gastrite. È utilizzata anche per bagni medicamentosi, problemi di pelle e inoltre è un ottimo tonico.
 
Tutte le tipologie di argilla possono essere applicate in molti modi diversi interni o esterni ma è fondamentale che né il metallo né la plastica entrino in contatto con la sostanza.
 
Possiamo preparare l’argilla in modo naturale, o mescolandola con oli, infusi o tinture. Sempre in base all’impiego che ne dobbiamo fare.
 
Nelle ferite e nelle ustioni può essere messo direttamente una volta preparato con acqua se invece si tratta di fratture e distorsioni, possiamo anche miscelarla in un infuso di arnica.
 
Per la cellulite possiamo fare degli impacchi nelle zone da trattare, miscelando l’argilla con infuso di betulla o di centella asiatica.
 
In casi di febbre, possiamo fare dei cataplasmi da applicare sull’addome e sostituendoli ogni volta che andrà a riscaldarsi, tendono ad assorbire il calore.
 
L’argilla può avere delle controindicazioni, e per tanto è sempre bene sentire il consiglio del proprio medico quando decidiamo di prenderla per via orale.

http://ambientebio.it/argilla-proprieta-e-benefici/

Come costruire una rete da caccia o da pesca

Immagine documento

In condizioni di sopravvivenza, saper costruire una rete da caccia o da pesca può risultare estremamente utile, sia per catturare selvaggina, sia per pescare (ove ce ne fosse occasione). In questo articolo non ci soffermeremo alle differenze tra i vari tipi di rete ma punteremo a metterne insieme una di fortuna.

Senza bisogno di scendere in dettagli tecnici è più che naturale che, con materiale di recupero, difficilmente riusciremo a catturare prede (terresti o subacquee) superiori ai 25-30cm di lunghezza. Evitiamo quindi di scegliere obiettivi troppo grandi o pericolosi.

La materia prima per costruire una rete

  • Rete da pesca – Per realizzare una rete da pesca dobbiamo necessariamente avere a disposizione parecchia corda. Ne abbiamo bisogno una più spessa per i bordi e una il più possibile sottile, resistente ed elastica (come costruire una corda).
  • Rete da caccia – Oltre alla corda potrebbe tornarci utile qualche pietra (da massimo 0.25kg l’una) per bloccare a terra la preda e impedirle di divincolarsi. In questo caso optiamo per una corda con un diametro più sostenuto e maglie più larghe.
  • Strumenti utiliColtello/lama per tagliare, esche, pietre per non far muovere la rete durante l’elaborazione ed eventualmente dei legnetti da legare in cima alle varie corde per aiutarci ad intrecciare il tutto.
  • Quanta corda serve – Per sapere quanta corda ci serve calcoliamo che per una rete di 1.5×1.5m servono almeno 300m di filamento (anzi, se possibile, abbondiamo a 350m). A meno che pensiamo di dover rimanere per parecchio tempo lontani dalla civiltà, produrre così tanta corda (manualmente) è decisamente sconsigliabile.

Come costruire una rete

Ecco alcuni rapidi passaggi:

  • Spazio e tempo – Mettere insieme una rete non è difficile ma abbiamo bisogno di calma, di tempo nonchè di uno spazio ampio e piano dove distendere i filamenti affinchè non si sovrappongano. La maggiore difficoltà è nel non far aggrovigliare i vari filamenti.
  • Tendere il filo di partenza – Per prima cosa occorre tendere la corda più spessa fissandola in due punti ad altezza uomo (ad esempio tra due alberi). Questa corda di partenza deve essere lunga quanto il lato della rete (es. per una rete di 3x3m deve essere lunga più di 3m).
  • Dimensioni della maglia – Alla corda tesa appoggiamo a distanze regolari (es. ogni 3cm) delle cordicelle doppie (lunghe 3m l’una) e fissiamole grazie a dei nodi a bocca di lupo (fig.1A-B). Ricordiamo che la distanza che intercorre tra un filamento doppio e l’altro stabilisce la lunghezza della diagonale minore di ciascun rombo della rete.
  • Intrecciare la rete – Fissati tutti i filamenti doppi a debita distanza, non ci resta che prendere una cordicella da un filamento doppio e una da quello limitrofo per poi annodarle a metà della distanza (fig.1C-D-F-G). Si tratta di afferrare i due filamenti, creare un cerchietto, entrare nel maglio superiore, passare per il cerchietto e tirare i capi tenendo un dito nel maglio superiore all’altezza dove vogliamo che il nodo rimanga.
  • Simmetrie – Se sbagliamo è probabile che dovremo rifare tutto da capo (una volta tesa, la rete è difficile da disfare); facciamo quindi attenzione a mantenere i nodi paralleli tra un filamento e l’altro. Come maglie della rete proviamo inoltre a creare dei quadratini invece che dei “rombi allungati”.
  • Fissare la rete – Conclusa la rete, facoltativamente, possiamo fissarne le cordicelle inferiori “penzolanti”. Prendiamo un’altra cordicella e fissiamoci a distanze regolari ciascun filamento con un nodo parlato o un nodo a mezza chiave (fig.1H).
  • Infilare la rete – Una volta ultimata la nostra rete può essere “infilata” in una corda più spessa. Facciamo passare attorno al suo perimetro, un rombo si e uno no, la nostra corda. Nel caso di rete da pesca infiliamo i galleggianti nella corda esterna e non nella rete. In caso di rete da caccia fissiamo i sassi-zavorra sulla rete stessa e non alla corda esterna.
  • Accorgimenti – Assicuriamoci di fissare tutti i nodi in modo tale che non si muovano. Prima di utilizzare la rete testiamone solidità/elasticità sul terreno di impiego (acqua, terra, aria, ecc.).

Come usare la rete

Per quanto parleremo più approfonditamente di caccia e pesca con la rete, ecco alcuni spunti:

  • Pescare – Abbiamo molte possibilità di impiego per la nostra rete, eccone alcuni: ben fissata ai lati di un piccolo torrente (in maniera tale da poter essere recuperata da un solo lato); in una struttura a clessidra (da cui è facile entrare attratti da un’esca ma difficile uscire); applicata ad un retino (un bastone ben fissato ad una robusta struttura di sostegno circolare/rettangolare); fino all’uso tramite barca e galleggianti. In tutti i casi facciamo in modo che la nostra rete sia stabile almeno 3 lati su 4 (zavorrata sul fondale e ai lati) in maniera da evitare la fuga dei pesci.
  • In generale – Facciamo anche attenzione alla dimensione delle maglie della rete e alla loro resistenza in relazione alla preda che vogliamo imprigionarvi. Non di rado anche piccoli animali/pesci sono dotati di apparati acuminati in grado di tagliare la nostra corda (denti, unghie, protuberanze ossee, cartilaginee, ecc.).
  • Cacciare – Per la caccia, una rete può essere utile se zavorrata e lasciata cadere dall’alto o ad esempio sollevata dal basso per poi chiudersi su se stessa.
  • Trasporto – Oltre che per catturare pesci e selvaggina una rete chiusa può aiutare a trasportare oggetti. Vedere anche come costruire un’amaca e un ponte di corda.

Gli impieghi sono molteplici ma non è facile improvvisarsi cacciatori o pescatori in breve tempo, occorre fare pratica e progettare strategie efficaci. Istinto, agilità e riflessi che noi abbiamo dimenticato vanno affrontati con l’ipertrofica capacità umana di ragionare.

SOPRAVVIVENZA: IL FREDDO -PRIMA PARTE-

Ho scritto tempo fa questo articolo per la Rivista Militare e ora ve lo ripropongo: “Il corpo umano ha una temperatura di 36,8 gradi centigradi. Qualsiasi variazione in più o in meno di questo valore provoca gravi danni: fino a 35° una persona conserva le facoltà mentali e la volontà di sopravvivere. A 34° appare confusione mentale e disorientamento; tra 31° e 29° si cade nell’incoscienza e poi nel coma; tra i 20° e i 18° l’elettroecefalogramma è piatto.

La perdita di calore si verifica quando la temperatura esterna è molto bassa. Il corpo umano in questi casi reagisce prontamente aumentando l’attività muscolare che può essere volontaria o involontaria (brivido termico). I brividi, che si manifestano quando il freddo è pungente, generano una importante quantità di calore. La perdita di calore è maggiore quando c’è umidità e vento. L’umidità (l’acqua è un buon conduttore) favorisce la dispersione calorica e diminuisce il potere isolante degli indumenti. In presenza di vento forte la temperatura avvertita dal corpo umano è di gran lunga più bassa di quellla indicata da un termometro.

Con una temperatura di 8° e un vento di 10 m/s la temperatura avvertita dal corpo umano è pari a 3° sotto lo zero termico. Per questo motivo è stato introdotto un fattore equivalente al potere raffreddante del vento: il Windchill Factor. I danni che può provocare il freddo sono locali (congelamento) o generali (assideramento o ipotermia). Nel congelamento vengono di norma colpite le estremità o le parti della testa non adeguatamente coperte: naso e orecchie. La cute si presenta fredda, pallida, indurita e insensibile e nei casi più gravi, dopo il riscaldamento, può evolvere verso la cancrena. L’ipotermia si verifica, invece, quando la temperatura del corpo scende al di sotto dei valori normali; la caduta di temperatura può avvenire in maniera brusca (ad esempio in caso di caduta in acqua gelida) oppure può essere graduale. E’ questo il caso di escursionisti non adeguatamente equipaggiati sorpresi da un temporale estivo in alta montagna. Nell’ipotermia il trattamento da adottare consiste nel mettere il colpito in una zona riparata, togliendo e sostituendo i vestiti bagnati e fornendo bevande calde non alcoliche.

Deve essere evitato nel modo più assoluto di strofinare e massaggiare la vittima (specie con la neve) per evitare di richiamare il sangue dagli organi interni e indurre un ulteriore raffreddamento. Il freddo può essere contrastato con una adeguata alimentazione, con l’attività fisica e con un idoneo abbigliamento. Cibi grassi e calorici sono il carburante che mantiene la temperatura ad un valore adeguato: con il freddo intenso aumenta il metabolismo e la quantità di zuccheri bruciati per produrre energia e quindi calore. Bevande calde, in modo particolare tè e caffè, possono aiutare. Contrariamente a quanto si crede l’assunzione di alcol è molto pericolosa. Essendo un vasoldilatatore favorisce la cessione di calore all’esterno: i casi di assideramento sono infatti molto frequenti tra gli etilisti. Anche con l’attività fisica c’è una importante produzione muscolare di calore ma qualora non si sia adeguatamente protetti si rischia che il calore prodotto venga sottratto rapidamente dall’ambiente specie se si indossano indumenti bagnati. La perdita di calore è ancora più rapida quando si è immersi in acqua; a chi naviga viene infatti consigliato, in caso di “uomo in mare” di rimanere immobili in una posizione la più raccolta possibile. (fine prima parte)

fonte

Che tipo di survivalista sei?

In genere il termine survivalista (termine inglese per indicare una persona che si sta organizzando per sopravvivere ad eventi futuri) è spesso inteso in senso dispregiativo e ad esso si associa l’idea di quei pazzi con un mucchio di fucili, che vanno in giro camuffati e con un rifugio atomico che trabocca di cibo.

Ebbene, non è così. Ci sono survivalisti di ogni sorta e di ogni stile. Qui di seguito propongo una ricostruzione dei principali tipi di survivalisti odierni. Tu in quale ti riconosci?

1. L’alternativo:
Il survivalista alternativo vive fuori dal mondo alla maniera “coloniale”. Produce quanto più cibo può per soddisfare il suo stesso fabbisogno e ottiene l’energia con mezzi non tradizionali. Definire qualcuno del genere un survivalista può essere poco appropriato perché non mette da parte cibo e sementi, ma è il suo stesso stile di vita che è così.

2. Il Prepper
Il prepper può essere un singolo individuo o un gruppo di persone che vive alla maniera tradizionale ma che è costantemente impegnato a ad anticipare eventuali emergenze o cambiamenti. Spesso ha un rifugio dove accantona il suo equipaggiamento e le scorte. Spende gran parte del suo tempo e denaro per preparasi alle emergenze e alla fuga. Il prepper poco serio in genere vive la cosa come un hobby per il tempo libero, ma al contempo la prende molto seriamente.

3. Il cittadino medio
Si tratta, a mio avviso, del modello di survivalista più diffuso. Vive in una casa normale e la sua famiglia può anche non accorgersi che è un survivalista. Non spende grandi cifre per prepararsi e si concentra prevalentemente su eventi che è probabile possano verificarsi, come le emergenze locali e  i black out energetici.

E tu che tipo di survivalista sei?

Ti ritrovi in una di queste descrizioni? O se, com’è più probabile, siete una via di mezzo, ditemi qualcosa in più del vostro stile e della vostra filosofia.

Se poi siete un altro genere di survivalista, sarò lieto di aggiungervi alla lista.

tratto d sopravvivenza totale

Piano di Sopravvivenza con Bambini – Ecco come organizzare un ottimo piano di sopravvivenza se hai dei Bambini

In caso di disastro, se hai dei bambini in casa, a cosa pensi subito? Alla sopravvivenza dei tuoi piccoli, naturalmente. Ma il tuo piano di sopravvivenza attuale andrà bene anche per loro? Hai provato il piano testando tutta l’attrezzatura in base alle esigenze anche dei tuoi bambini? Se la risposta è no, vedi di farlo subito.

La sopravvivenza familiare va oltre l’insegnare ai tuoi figli come evacuare la casa in caso d’emergenza. Perché in certi casi la tua casa potrebbe essere non più che un lontano ricordo e tu e la tua famiglia potreste essere costretti a sopravvivere con non più che una coperta di fortuna.

Ecco alcune idee per pianificare il piano d’emergenza pensando anche ai tuoi figli:

Neonati 1-3 anni

Per quanto riguarda questa categoria, potrebbe essere necessario prendere qualche spunto dagli hippie. Allattamento al seno e pannolini di stoffa sono la strada da seguire in caso di disastro. Considera che non avrai possibilità di comprare il latte artificiale e i pannolini, dunque perché non  prepararsi così? Una mamma che allatta può prendersi cura del proprio bimbo a tempo indeterminato anche negli scenari più terribili, finché almeno lei avrà accesso ad acqua ed alimenti. Come potresti fare di meglio?

Altra cosa essenziale sono il marsupio o una fascia.  Questi sono fondamentali per spostarsi a piedi, ma anche per farli dormire bene e al momento del disastro potrai portarli via in un batter d’occhio. I marsupi porta bebè e le fasce porta bebè  sono ottime ed entrambe ti consentono di trasportare i piccoli per ore senza sforzo.  Le fasce porta bebè sono ideali in quanto ultraleggere, compatte e portatili mentre i marsupi porta bebè sono più robusti e possono portare bimbi fino a 20 Kilogrammi, stando a quanto dice l’azienda produttrice. In realtà nelle FAQ del loro sito c’è chi dice di aver trasportato fino a 45 Kilogrammi (in teoria potresti trasportarci anche un adolescente, ma in quel caso non so se sarai in grado di sopportare tale sforzo).

Bambini/Ragazzi 3-12 anni

1. Abiti e rifugio:
Nel borsa da sopravvivenza e nel kit d’emergenza per l’auto hai degli articoli per i bambini? Dovresti, perché è poco probabile che possano portarsi da soli una borsa tutta per loro. Se non ci sono sacchi a  pelo abbastanza piccoli, prova i sacchi nanna, ci sono anche in dimensioni ridotte. E l’equipaggiamento per il clima? Pensa a coprire le estremità (mani,piedi e testa). Le scarpe da tennis non vanno bene in caso di disisastri. Prendi degli stivali robusti buoni in qualsiasi condizione atmosferica. Inserisci anche un buon paio di calzettoni, guanti e cappello. Assicurati che la tenda o il rifugio vadano bene per contenere tutta la famiglia. Pianifica immaginando che l’evento o il  disastro si verificheranno con il peggior tempo possibile.

2. Cibo:
Anche in un situazione di disastro i bambini potrebbero fare i capricci. Certo, mangeranno quello che c’è quando avranno davvero fame, ma non puoi sottovalutare le loro esigenze nutrizionali. Ecco perché devi includere nell’attrezzatura integratori e vitamine che siano indicati anche per loro. Quelli biologici contengono solo frutta e verdura in modo da poter essere assunti anche dai più piccoli. Se il bambino è troppo piccolo per inghiottire una capsula, aprila e riversa la polvere su cibo o nei liquidi. Come ho già detto, quando davvero avranno fame, mangeranno.

3. Medicine
I bambini si ammalano molto più facilmente degli adulti, perciò devi essere preparato. La prima cosa che devi fare è somministrare ai bambini dei farmaci per adulti nel caso quelli specifici per loro fossero introvabili. La seconda dritta riguarda un rimedio semplice per la diarrea, cosa comune tra i bambini, e consiste nel preparare una soluzione a base di zucchero, sale ed acqua per reidratare il corpo e reintegrare i liquidi persi con la diarrea.

4. Fai delle simulazioni
Non è semplice simulare un disastro naturale quando ci sono dei bambini piccoli ma potrai andarci vicino semplicemente facendo dei campeggi. In caso di disastro come ti ho già spiegato devi anzitutto scegliere se restare a casa o scappare, tuttavia, potresti essere costretto ad allontanarti. Quindi vai in campeggio a notte fonda con il kit o la borsa da sopravvivenza e con tutto quello che riesci a mettere in auto in meno di cinque minuti. Se anche la simulazione non dovesse riuscire alla perfezione, per lo meno ti darà un’idea di quello che rischi di dimenticare e inoltre sarà un’occasione per trascorrere insieme alla tua famiglia dei momenti divertenti nei boschi.

Ragazzi più grandi 12-18 anni

1. Potresti pensare che per i ragazzi più grandi non sia necessario un piano di preparazione per sopravvivere al disastro. Sbagliato. Potrebbero non aver mai pensato a cose del tipo sopravvivere ad un disastro o pericolo, per cui il tuo primo compito è di far si che ci pensino. Fai in modo che siano loro stessi a preparare la propria borsa, piuttosto che farlo tu. Spiega loro di cosa hanno bisogno e perché. Stai attento a non farli spaventare perché non ti sarebbe d’aiuto. Informandoli realisticamente e con sensibilità dei possibili disastri ed aiutandoli a prepararsi da soli darai loro una sensazione di potere ed una preziosa lezione che un giorno potranno trasmettere anche alla loro famiglia.

2. Portali all’aperto. Far stare i ragazzi a contato con la natura è il miglior modo per insegnar loro la sopravvivenza in modo naturale e divertente. Allontanali dal divano e dai videogame. Ecco alcune idee su come sostituirli:portali in campeggio o a fare trekking, insegna loro a fare giardinaggio, a pescare o a cacciare. Mostra loro come si accende un fuoco (quando avranno un’età adeguata), iscrivili nei boyscout, ad un corso di sopravvivenza o di preparazione per le emergenze. Costruisci un rifugio e, cosa più importante, falli divertire insegnando loro cose che gli torneranno utili non soltanto in situazioni di emergenza ma per tutta la vita.

Anche se a nessuno di noi piace pensare che possa accadere qualcosa ai nostri figli, dobbiamo comunque tenerci pronti così che nel momento del bisogno, avremo la certezza di saper fare tutto ciò che è necessario per salvarli.

Spero che queste dritte ti siano state utili come punto di partenza per programmare la sopravvivenza della tua famiglia.

Come sopravvivere in casa durante un disastro?

Le opzioni PER SOPRAVVIVERE durante un disastro dipendono dall’entità dell’emergenza. Le opzioni disponibili possono essere rimanere in casa o fuggire in strada.

Anche se la tua casa sembra essere un rifugio già pronto, può richiedere alcune modifiche di base per permetterti di sopravvivere in caso di guasti alla rete elettrica, alla rete idrica, ecc…

Nella propria casa è molto importante individuare la stanza che è naturalmente calda in inverno e fresca in estate.

Le camere con le finestre esposte a sud saranno illuminate ed esposte alla luce e al calore del sole per la maggior parte della giornata, mentre le camere con finestre a nord tendono ad essere più fresche perché non ricevono mai la luce diretta del sole.

A meno che non ci sia stata una qualche inversione polare.

Ricordati che nei piccoli spazi è più semplice far mantenere una temperatura alta, rispetto ai grandi spazi che tendono ad essere sempre più freddi come anche le stanze con i  soffitti alti  o le camere comunicanti possono dimostrarsi zone invivibili se fa freddo e non si hanno i mezzi per poterle riscaldare.

Quindi la stanza ideale è una stanza piccola, compatta come ad esempio la camera da letto. Se la maggior parte degli spazi della tua casa sono grandi e aperti puoi pensare di  destinare e dividere una porzione della stanza usando teloni o coperte per creare un riparo all’interno stesso del riparo.

Ricorda anche che l’aria calda essendo più leggera tende a salire in alto, quindi uno spazio mansardato sarà più caldo rispetto a uno spazio inferiore, per questo i  Loft sono spazi notoriamente caldi mentre gli scantinati tendono a rimanere freschi.

redatto da Wolfman

tratto da sopravvivenzatotale

SOPRAVVIVENZA SULLE ALPI EUROPEE

Le Alpi sono la catena montuosa più vasta e importante del continente europeo.
Le Alpi si estendono ad arco per circa 1300 Km attraversando i seguenti paesi: Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia, Svizzera e Ungheria.

La vetta più alta è il Monte Bianco con 4.810 metri.

Le Alpi sono abitate da circa 16 milioni di persone, alcune zone sono totalmente disabitate.

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UN PO’ DI GEOGRAFIA:
Le Alpi si dividono in Alpi Occidentali, Alpi Centrali e Alpi Orientali ma anche in Alpi italiane, Alpi francesi, Alpi svizzere, Alpi austriache e tedesche e Alpi slovene.

La Suddivisione Orografica Internazionale Unificata del Sistema Alpino le classifica nella seguente maniera:


Alpi Occidentali:

  • Alpi Sud-occidentali: Alpi Liguri; Alpi Marittime e Prealpi di Nizza; Alpi e Prealpi di Provenza; Alpi Cozie; Alpi del Delfinato e Prealpi del Delfinato.
  • Alpi Nord-occidentali: Alpi Graie; Prealpi di Savoia; Alpi Pennine; Alpi Lepontine; Prealpi Luganesi; Alpi Bernesi; Alpi Glaronesi e Prealpi Svizzere.


Alpi Orientali:

  • Alpi Centro-orientali: Alpi Retiche occidentali; Alpi Retiche orientali; Alpi dei Tauri occidentali; Alpi dei Tauri orientali; Alpi di Stiria e Carinzia e Prealpi di Stiria.
  • Alpi Nord-orientali: Alpi Calcaree Nordtirolesi; Alpi Bavaresi; Alpi Scistose Tirolesi; Alpi Settentrionali Salisburghesi; Alpi del Salzkammergut e dell’Alta Austria; Alpi Settentrionali di Stiria e Alpi della Bassa Austria.
  • Alpi Sud-orientali: Alpi Retiche meridionali; Alpi e Prealpi Bergamasche; Prealpi Bresciane e Gardesane; Dolomiti; Prealpi venete; Alpi Carniche e della Gail; Alpi e Prealpi Giulie; Alpi di Carinzia e di Slovenia e Prealpi Slovene.
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COME SOPRAVVIVERE SULLE ALPI:

Ogni anno centinaia di milioni di persone visitano le Alpi e ogni anno più di un centinaio tra sciatori, scalatori ed escursionisti si perdono o restano feriti tra i monti mentre altri sfortunatamente perdono la vita.

 

I maggiori pericoli che si possono incontrare sulle Alpi sono: valanghe, caduta di sassi e frane, crepacci, nebbie, bufere e forti venti, temporali, clima rigido con pericoli di congelamento, morene franose, torrenti e cascate.
In queste zone i crepacci sono un vero e proprio rischio per la vita. Alcuni crepacci possono essere profondi anche fino a 50 metri e rappresentano un vero pericolo per gli alpinisti anche perché talvolta sono nascosti da un sottile strato di neve.

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Nelle zone più alte (generalmente sopra i 2000 metri ma anche 1500m) si può incorrere nel mal di montagna (AMS), una patologia del nostro corpo che si manifesta poiché non è abituato alle altitudini.

I sintomi sono: mal di testa, perdita di appetito, nausea o vomito, fatica o astenia, vertigini o senso di stordimento, insonnia e irritabilità. Il mal di montagna può potare anche alla morte.
Se vi perdete o rimanete vittime di un incidente dovete subito scendere verso valle in modo che non incappiate nel pericolo del mal di montagna e inoltre troverete temperature meno rigide.

 

CLIMA ALPINO:

Il clima delle Alpi è il tipico clima che si trova in tutte le zone montuose elevate, cioè all’aumentare della quota diminuisce proporzionalmente la temperatura.
Il clima è caratterizzato da inverni lunghi e rigidi, con molte nevicate. Le estati corte e fresche caratterizzate da abbondanti piogge.
Le temperature nei periodi invernali possono anche raggiungere i 35° sotto zero.
Al di sopra dei 3000 metri si trovano le nevi perenni e i ghiacciai.

 

CONDIZIONI ATMOSFERICHE:

Un elemento da tenere sempre in considerazione in montagna è il cielo cioè le nuvole. In montagna le condizioni atmosferiche mutano velocemente.

Si dice che le nuvole spesso si comportano in base all’aspetto che hanno in pratica se hanno un aspetto minaccioso bisogna prepararsi al peggio se invece hanno un aspetto candido non ci dovrebbero essere problemi. Un altro particolare da osservare è il vento e il colore del cielo. Se il cielo si copre di nuvole scure e il vento aumenta potrebbe essere in arrivo una tempesta di neve.

 

NOTTE E RIPARO:
Di notte le temperature si abbassano ulteriormente, prima di organizzare il bivacco accertatevi di essere scesi il più possibile di quota per passare una notte meno fredda.

Se la notte arriva è vi trovate ancora in mezzo alla neve costruite una grotta sotto di essa. Se non avete una pala, scavate sfruttando qualsiasi oggetto troviate o a mani nude proteggendole con dei guanti. Un consiglio è di costruirla controvento in modo che l’aria fredda non passi dall’entrata.

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Ci vuole molta pazienza per scavare una buca, i tempi possono essere di un’ora o più.
La grandezza della buca deve essere di tre volte la grandezza del nostro corpo. Se fosse troppo grande il calore si disperderebbe in fretta, se invece fosse troppo piccola ci si potrebbe ritrovare sepolti vivi poiché la neve si compatta e si ritira. Spianate il tetto interno della buca in modo che con il calore non si formino delle piccole stalattiti fastidiosamente gocciolanti.
Cercate di coprire il pavimento sul quale dormirete con tutto quello che trovate, sappiate che dormendo sopra la neve si perde il 75% del calore corporeo e si rischia l’ipotermia.
Per vedere quali rifugi si possono improvvisare nella neve guardate qui nella sezione climi freddi.
Se durante la notte sentite un principio di congelamento alle estremità del corpo (mani e piedi) muoveteli tenendoli in costante attività.


Per riscaldare le mani potete tenerle sotto le ascelle o tra le cosce, potete anche orinare sopra di esse e poi portarle al riparo.
Per riscaldare i piedi muovete le dita e cercate di risaldarli con le mani.
Per risaldare le orecchie premete fortemente con i palmi verso di esse.


Al mattino svegliatevi presto e mettetevi subito in cammino (in una situazione di sopravvivenza basta dormire almeno 6 ore).
Se durante la notte ha nevicato sicuramente dovrete scavare per uscire dalla buca, non fatevi prendere dal panico se trovate l’entrata coperta da una spesso strato di neve.
Ricordate: se constatate che il rifugio non vi potrà proteggere dall’assideramento non addormentavi, vegliate e state all’erta.

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L’ACQUA:

L’aria in montagna è molto secca e ci si disidrata in fretta, dovrete riuscire a bere almeno 2 litri d’acqua al giorno.
Non succhiate mai la neve se avete sete, la neve vi farebbe raffreddare la temperatura interna del corpo inoltre vi provocherebbe problemi intestinali. Bollite la neve in un pentolino oppure mettetela in un recipiente scuro o di alluminio in modo che i raggi del sole scaldino il contenitore sciogliendo la neve. Potete anche inserire la neve in una borraccia o in una bottiglietta e mettervela sotto i vestiti in modo che il vostro calore la sciolga.

 

LA DISCESA:

La discesa può essere molto difficoltosa soprattutto se la neve è morbida. Se avete delle racchette da sci usatele, se invece non le avete trovate dei rami e improvvisatele (guarda foto).

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RICORDATE: ogni 300 metri di discesa la temperatura sale di 3,5°C.
Una volta scesi di altitudine si nota che la vegetazione si è fatta più ricca e il freddo si è fatto meno intenso.
La neve mano a mano scompare lentamente lasciando spazio a un suolo formato da erba, rocce e terra.

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FAUNA:

La fauna alpina è molto varia e consistente, può vantare su numerose specie di Pesci, Anfibi, Rettili, Insetti, Uccelli e Mammiferi.
Tra gli animali che si possono trovare più facilmente abbiamo: Sordone, Camoscio, Gracchio alpino, Aquila reale, Stambecco, Taccola, Marmotta, Lepre artica, Pernice bianca, Cervo rosso, Volpe, Gufo di Tengmalm, Lupo, Gipeto o Avvoltoio degli agnelli, Gallo forcello o Fagiano di monte e Vipera.

Tra i pesci: salmerino alpino, trota comune, pesce perla e altri pesci d’acqua dolce.

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FLORA:
La vegetazione così come la fauna è limitata dall’altitudine, più si sale in altezza più la flora si dirada. Comunque la zona alpina è ricca di piante, alberi, fiori, erbe.
Tra gli alberi più noti ci sono: quercia, faggio, pino silvestre, abete rosso, frassino, pino mugo e acero montano.
Troviamo poi: Stella alpina, Genzianella, Ramignola alpina, Androsace alpina, Ranuncolo glaciale, Giglio Martagone e moltissimi altri.

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CIBO:

Potete catturare un animale utilizzando i vari metodi di trappolaggio conosciuti, mangiare uova di uccelli, cibarvi con le piante che la natura vi offre, insomma il cibo non manca sulle Alpi se sapete dove e come cercare. Sicuramente più vi trovate ad altitudini elevate più vi sarà difficile trovare delle cose da mangiare.

Se trovate le formiche non mangiatele vive poiché contengono acido formico, potete però cibarvi delle loro larve che sono molto nutrienti ma anche ottime come esche.
Potete mangiare le radici più giovani del pino o le sue gemme.
Potete bollire dell’acqua insieme a degli aghi di abete per fare un ottimo brodo vitaminico.

Se trovate delle larve mangiatele (togliete la testa e mangiate il corpo) sono innocue e ricche di calorie ma al contempo sono disgustose.

Gli insetti come bruchi, cavallette e larve hanno una proporzione di proteine e grassi più alta di quella del manzo e del pesce, con un elevato valore energetico.

Potete utilizzare le larve come esca se trovate un lago o un grosso fiume.

Se trovate delle impronte recenti o delle feci fresche potreste essere vicino a un animale o a un branco, quindi seguitene le tracce.

Quando catturate un animale uccidetelo infilandogli la lama del coltello dietro il collo all’altezza delle orecchie in modo da provocargli la morte istantanea senza farlo soffrire. Se non avete un coltello utilizzate una pietra per colpirlo sul cranio con un colpo forte e deciso.

Se notate delle aquile reali che girano in tondo su una determinata zona probabilmente è perché hanno intravisto qualche preda.

 

SALVATAGGIO:

Se intravedete un rifugio alpino, un centro abitato, una baita, un gruppo di escursionisti o degli sportivi (snowboarder, sciatori…), un elicottero avrete trovato la salvezza. Se avete un fischietto (strumento indispensabile nel kit di sopravvivenza montano) soffiateci dentro per farvi sentire oppure urlate, potete anche utilizzare un segnale visivo sfruttando l’eliografo o agitando mani e braccia o accendendo un fuoco di segnalazione per segnalare la vostra posizione. Vedi i metodi di segnalazione.

 

SEGNALAZIONE IN MONTAGNA:

  • Una serie di 6 lampi o fischi nel periodo di un minuto intervallati da 60 secondi.
  • Razzi di colore rosso.
  • Cerchio bianco su tessuto rosso.
  • Braccia alzate (mai un solo braccio, significa che siete a posto e non avete bisogno di aiuto).

 

SOPRAVVIVENZA: IL FREDDO -SECONDA PARTE-

Poichè l’uomo non dispone, a differenza degli animali, di protezioni naturali (peli o piume) deve necessariamente proteggersi dal freddo con capi di vestiario che per conformazione e materiali costituiscano una barriera per il freddo. Lo scopo dell’abbigliamento è quello di isolare l’epidermide limitando la dispersione di calore. Mediante tessuti o idonee protezioni si cerca di creare un sottile strato d’aria che, riscaldato dal corpo, mantenga costante la temperatura (è quello che avviene grosso modo all’interno di una muta da sub). I migliori tessuti sono quelli con forte potere isolante ma leggeri e poco igroscopici. Prima dell’introduzione delle fibre artificiali e sintetiche veniva usata prevalentemente la lana.

La lana ha un elevato potere isolante e traspirante anche se risulta essere pesante e una volta bagnata difficile da asciugare; esistono però lane come il cachemire che hanno ottime caratteristiche volumetriche (il volume del tessuto consente di incamerare una maggiore quantità di aria) e contemporaneamente sono morbide e leggere. Le fibre artificiali (seta artificiale, acetato, bemberg, viscosa, modal) ricavate dalla cellulosa furono introdotte alla fine dell’800 e utilizzate fino a quando non furono, in gran parte, soppiantate dalle fibre sintetiche. Queste fibre ottenute con derivati del petrolio sono molto sottili, leggere e resistenti e sono in grado di generare tessuti con caratteristiche quali l’elasticità, la robustezza, la leggerezza e l’impermeabilità.

Tra le fibre sintetiche le più note sono il naylon, il poliestere, il neoprene, il poliproppilene, il microtene, il capilene, il pile e il gore-tex. Pile e gore-tex hanno avuto un enorme successo e un notevole utilizzo. Il pile (il cui marchio depositato è Polartec) è una fibra in poliestere la cui lavorazione è in grado di generare un tessuto soffice e molto voluminoso con ottime capacità di isolamento termico. Il Polartec 100 viene usato per gli indumenti intimi mentre il 200 e 300 per realizzare capi adatti a temperature molto basse. Il tessuto in pile che ha la capacità di asciugare molto in fretta, non offre però suffiecente protezione al vento alla pioggia e allo sfregamento. Inoltre, sottoposto a ripetuti lavaggi, tende a perdere volume (e pertanto parte delle capacità isolanti). Il gore-tex è invece una fibra costituita da una fitta rete di filamenti sottilissimi capace di generare una membrana microporosa permeabile all’aria ma non all’acqua. Fu scoperta nel 1969 da Bob Gore, figlio di un tecnico della DuPont, esperto in polimeri.

Gore provò a “stirare” del Teflon (un politetrafluoroetilene inerte che mantiene inalterata la sua funzionalità alle alte e basse temperature e che è resistente agli agenti atmosferici); ottenne così una membrana sottilissima in grado di ostacolare il passaggio dell’acqua ma non del vapore acqueo. Il gore-tex i cui usi sono molteplici (si va dall’abbigliamento all’odontoiatria) viene applicato ai tessuti o inserito all’interno di più strati di tessuto. In questo modo è possibile ottenere capi di vestiario, guanti, scarpe e calze traspiranti ma impermeabili. Le fibre sintetiche vengono impiegate inoltre per l’imbottitura di giacche e sacchi-letto anche se il piumino d’oca continua ad essere il materiale naturale più utilizzato.

La particolare conformazione della piuma consente di catturare una consistente quantità di aria risultando in questo modo un eccellente isolante. I sacchi-letto non devono essere mai pressati e vanno conservati aperti e distesi. Quando, durante una attività in montagna devono essere portati al seguito, vanno spinti delicatamente negli appositi contenitori evitando di arrotolarli.

SOPRAVVIVENZA: IN CASO DI MORSI O PUNTURE

Vipera: pericolo medio/elevato-lavare la ferita ed effettuare un bendaggio-steccare se si tratta di un arto-non incidere nè succhiare

 
Malmignatta: pericolo elevato-lavare, disinfettare e applicare ghiaccio o acqua fredda-non incidere
 
Scorpione: pericolo medio/basso-applicare ghiaccio o acqua fredda
 
Api e vespe: pericolo medio/elevato-togliere l’aculeo e applicare ghiaccio-in caso di orticaria applicare una pomata antistaminica
 
Tafani: pericolo medio/basso-lavare bene e disinfettare-non mettere ammoniaca
 
Tracina: pericolo medio/alto-immergere la parte colpita in acqua calda o sabbia calda-asportare le spine-non usare ghiaccio o ammoniaca
 
(a cura di L. Terzoli)
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