Mese: Novembre 2019

ESCURSIONE TREKKING IN VETTA AL MONTE VIGLIO

SETTORE TREKKING ESCURSIONISMO

DATA ESCURSIONE: 10/6/2017
LIVELLO SURVIVAL NECESSARIO: Tutti gli associati
LUOGO: Bivacco notturno su Monte Viglio (2156m)

DIFFICOLTA’:

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 ore comprese le soste
LUNGHEZZA,DISLIVELLO: Circa 13km totali, 750mt in salita e altrettanti in discesa
POSSIBILE FACILE ARRAMPICATA
ATTREZZATURA MINIMA: Scarpe alte da trekking, acqua e cibo personali per pranzo, cena e colazione, impermeabile, sacco a pelo, tenda o tarp, abbigliamento adeguato alla quota e al freddo notturno (tra 0 e -5)
APPUNTAMENTO: Appuntamento h.12.00 Strada Provinciale 30 –km 10 Passo Serra Sant’Antonio
LINK A GOOGLE MAPS
DESCRIZIONE: Escursione con pernotto notturno in quota sulla cima più alta dei monti Càntari situato a confine fra Lazio ed Abruzzo. Partiremo con molto comodo da Valico Serra di S. Antonio per arrivare in vetta verso le 16:00- 17:00, allestiremo il campo ceneremo sotto le stelle e passeremo la notte su uno spiazzo erboso a pochi metri dalla vetta (obbligatorio il sacco a pelo con comfort tra 0 e -5).
NB: NON SARA’ POSSIBILE ACCENDERE FUOCHI
La mattina faremo colazione e scenderemo raggiungendo le macchine per le 10.00 Il percorso presenta un discreto dislivello in salita che necessita di una buona base atletica.

NOTE: Questa escursione è subordinata alle condizioni meteo e potrà essere rimandata in caso non ci siano adeguate condizioni di sicurezza

Il Kit edc ( o every day carrying)

E.D.C.
Chi di voi conosce questa sigla?
Per ogni buon appassionato di sopravvivenza e corsi di sopravvivenza questo è un acronimo sicuramente conosciuto…i migliori di noi invece ce lo avranno sicuramente addosso nel momento in cui leggono questo post!
Per tutti gli altri, con questo post spieghiamo cosa è un EDC
e cosa significa questo acronimo.

KIT E.D.C. o Every Day Carry (kit edc)

L’acronimo deriva dall’americano “Every Day Carry”
ovvero “Kit trasportato ogni giorno” che altro non è che un
mini kit di sopravvivenza che ci si porta dietro, appunto, ogni giorno…sia che andiamo al lavoro che mentre siamo a fare una passeggiata con la moglie in un parco pubblico.

L’edc è quella cosa da cui non ci separiamo mai perchè “non serve…ma se serve mi può aiutare!“, giusto?

La regola principale che bisogna rispettare per avere un proprio EDC è quella dell’ingombro ( e del peso! ) limitato. Un buon edc dovrebbe avere un peso MASSIMO che si attesti intorno AI 300 GRAMMI.

Siamo tutti dìaccordo che un martello ed una sega potrebbero venire utili in tantissime situazioni scomode in cui potremmo ritrovarci…ma chi di noi andrebbe in giro ogni giorno con un martello e una sega legati in vita, nella macchina o sul posto di lavoro??

al di là del fatto che, se non abbiamo una reale giustificazione, in italia è ILLEGALE GIRARE con armi improprie a portata di mano, <b> il kit EDC è un piccolo kit di sopravvivenza </b> che possa comprendere al suo interno degli oggetti che, in caso di necessità, possano aiutarci a uscirne agevolmente.

Nei Corsi di sopravvivenza a Roma di SOS2012, si costruisce un EDC?

Un piccolo acciarino, dei fiammiferi, della lenza con un amo,
un pò di esca ed altro che non vi sto a dire (avvolto in vari giri di paracord) è quello che fa parte del mio EDC portachiavi, per esempio. Quello ce l’ho SEMPRE in tasca.

Un EDC piu completo, invece, che potremmo avere in macchina è quello che vedete qui in foto.

Altre persone potrebbero avere EDC piu o meno completi, piu o meno grandi, piu o meno pesanti…

l’importante è capire la regola AUREA dell’edc, che poi è la stessa del survival  in generale:

la nostra testa e la nostra preparazione sono la base fondamentale di ogni kit.

Possiamo avere i migliori strumenti, quelli piu resistenti e possiamo avere piu strumenti nei nostri kit rispetto a chiunque altro…se non abbiamo testa e preparazione, è come non avere nessun kit.

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Trekking da Roccagiovine a Prato dei Porcini

SETTORE TREKKING ESCURSIONISMO FACILE


DATA ESCURSIONE: 14 ottobre 2017

LIVELLO SURVIVAL NECESSARIO: Tutti gli associati

LUOGO: Trekking facile, adatto ai più piccoli e alle famiglie da Roccagiovine al Prato dei porcini

Descrizione trekking Roma

TEMPO DI PERCORRENZA: 3 ore comprese le soste

LUNGHEZZA,DISLIVELLO: Circa 6kmtotali, 300mt in salita e altrettanti in discesa

ATTREZZATURA MINIMA: Scarpe da Trekking, acqua e cibo personali,
impermeabile.

APPUNTAMENTO: Appuntamento h.9.00
alle coordinate 42.051781, 12.891715
(LINK A GOOGLE MAPS)
Seguite la A24 con uscita
Vicovaro-Mandela direzione Roccagiovine, arrivati al paese alla fontana girate a sinistra e poi a
destra in direzione del “ristorante il castagneto” passate cimitero e il ristorante e proseguite dritti
attraverso una strada in cemento fino allo starting point (circa un’ora da Roma)

DESCRIZIONE: Facile escursione attraverso una carrareccia ampia e facile da seguire che da Roccagiovine ci porterà
a visitare il Prato delle Forme, la vetta del Monte Follettoso (1004mt) e il Prato dei Porcini dove ci
godremo il pranzo al sacco. Ritorneremo alla carrareccia percorsa all’andata attraverso un semplice
sentiero in discesa nel bosco. Vista la semplicità del percorso e’ gradita la partecipazione di familiari,
amici e bambini (abituati a camminare sono comunque 6 km totali).

Andiamo a caccia di Erbe Commestibili e Spontanee

Se pensi che nei nostri boschi e campi in Europa crescono spontaneamente circa 12.000 piante, di cui almeno 1.500 notoriamente commestibili  e officinali, e che tutto questo non è in vendita ma disponibile vicino a casa, perché sei ancora qui? Che cosa aspetti? Vai a cercarle!

Sei stufo di fare sempre la spesa online  o al centro commerciale? Ti piacerebbe arricchire la tua tavola con sapori e aromi che ti sei procurato da solo? Sapresti come e da dove cominciare per trovare e raccogliere le migliori erbe spontanee commestibili?

A TAVOLA NELLA NATURA

Oggi la raccolta delle erbe  spontanee e commestibili sta  vivendo una grande rinascita.
Perfino i grandi maestri della gastronomia rispolverano queste antiche conoscenze per le loro appetitose ricette.

Eppure le erbe selvatiche sono state da sempre alla base dell’alimentazione umana e della nostra evoluzione, dove l’ortica, il tarassaco, il cerfoglio, la piantaggine e la borragine sono solo alcune delle più conosciute.

Per migliaia di anni nella preistoria l’uomo ha raccolto erbe, semi, radici e frutti, arrivando a soddisfare così fino all’ 80% del suo fabbisogno alimentare, completato poi dagli animali cacciati.

Nonostante l’avvento dell’agricoltura, circa 10.000 anni fa, la raccolta  di queste erbe disponibili in tutte le stagioni dell’anno  ha continuato ad avere una  parte fondamentale nella nostra dieta. Dopo i freddi mesi invernali, all’inizio della  primavera, quando gli orti non hanno dato ancora i loro frutti e le provviste sono ormai  alla fine, per fortuna molte di queste erbe selvatiche sono già disponibili.

Questo tipo di piante spontanee, infatti, contengono molte più vitamine e minerali rispetto alle verdure coltivate: mediamente puoi ricavare  circa il quadruplo di vitamina G, calcio e ferro, senza contare i molti principi attivi utili alla cura di numerosissime malattie, infezioni e ferite che tante di queste piante contengono.

 

A CACCIA DI ERBE

Raccogliere frutti e erbe selvatiche in ambienti naturali non è solo una attività affascinante e salutare ma ci riconnette profondamente alle nostre più antiche conoscenze. Ovviamente questo tipo di attività non è esente da pericoli e ci sono regole da seguire: non mancano, infatti, le specie velenose con effetti anche mortali che è importante saper riconoscere con sicurezza, per portarsi a casa un raccolto di erbe la cui identificazione deve essere assolutamente certa.

LE REGOLE DA SAPERE

1/ Le piante in fiore sono molto più facili da riconoscere ma in primavera, quando
sono semplici germogli, possono mettere in difficoltà un raccoglitore inesperto.
È buona norma, quindi, osservare una determinata specie nel suo intero arco
di vita, in modo da poterla riconoscere in tutte le situazioni.

2/ Non utilizzare mai sacchetti di plastica per raccoglierle: usa invece sacchetti di carta o cesti, per evitare che si deteriorino.

3/ Raccogli le erbe solo dove questa attività è consentita e sempre in zone lontane dal traffico, da linee ferroviarie o da campi sottoposti a trattamenti chimici.

4/ Non raccogliere tutto quello che trovi ma solamente quello che sei sicuro di consumare, garantendo così la sopravvivenza della specie.

5/ Segui un buon corso di riconoscimento erbe spontanee commestibili ed officinali o procurati
un manuale tascabile da consultare durante le escursioni. Tutto ciò può darti una buona base da cui partire per diventare un esperto.

 

LE 10 ERBE CHE DEVI CONOSCERE

LE INDICAZIONI FORNITE DI SAEGUITO HANNO IL SOLO SCOPO INFORMATIVO, SI SCONSIGLIA FORTEMENTE LA RACCOLTA E L’UTILIZZO DI QUALSIASI ERBA O PIANTA SPONTANEA SE NON SI E’ ESPERTI E SICURI DELLA SPECIE E CHE NON VI SIANO ALLERGIE SPECIFICHE.

1/ Borsa del Pastore

Le giovani foglie e anche l’intero fusto tranne la radice possono essere mangiati come “insalata dei campi”. La radice può sostituire lo zenzero. Il suo principio attivo, l’acido bursico, conferisce alla pianta proprietà emostatiche, antiemorragiche e astringenti.
Periodo di raccolta: marzo-aprile

 

2/ Ortica

Le foglie lessate con un filo d’olio ricordano gli spinaci ma contengono il quadruplo di vitamina C e K e sali minerali. Grazie alla presenza di un flavonoide, la quercitina, l’ortica
ha proprietà antistaminiche e antinfiammatorie più potenti di qualsiasi agrume.

Periodo di raccolta: autunno- inverno-primavera

3/Tarassaco

Molto simile alla cicoria di campo e altrettanto buono. Grazie alla presenza di tarasserolo, steroli, vitamine, inulina e sali minerali, contenuti in grandi quantità nelle radici, è considerato una delle piante officinali più efficaci per stimolare la funzionalità biliare,
depurare fegato e reni dalle tossine e favorire la digestione.

Periodo di raccolta: primavera

 

4/ Melissa

Ha un gradevole profumo di limone  e in infuso è utilizzata per numerose patologie quali insonnia, mal di testa, nevralgie e ansia grazie alla presenza di oli essenziali. È un  ottimo antivirale e antinfiammatorio.  Tiene lontane le zanzare.

Periodo di raccolta: estate

 

5/ Portulaca

Sono di interesse alimentare e culinario i germogli e le foglie crude, carnosette e dal sapore acidulo, da consumarsi in insalate, alle quali conferiscono (in modo simile alla rucola) un superiore mordente. Sono utilizzate anche per preparare minestre saporite e rinfrescanti e si possono conservare sottaceto.

La portulaca è un’erba officinale e un’erba medicinale. Al consumo della portulaca sono ascritte proprietà depurative, dissetanti e diuretiche  e antidiabetiche. Un impacco di foglie è usato in caso di foruncoli, punture d’api ed eczema.

Periodo di raccolta: primavera – autunno

 

6/ Piantaggine

Le foglie tenere si consumano a crudo come l’insalata. È famosa per le sue proprietà cicatrizzanti ed emostatiche grazie alla presenza di mucillagini. Se hai il raffreddore o il mal di gola provala in decotto.

Periodo di raccolta: estate

 

7/ Rosa Canina

Insuperabile nelle confetture, dal sapore davvero particolare. Grazie alla presenza di vitamina C, in quantità cento volte maggiore a qualsiasi agrume, è utilizzata per la cura di tutte le malattie da raffreddamento e respiratorie. È un immuno-modulante naturale.

Periodo di raccolta: dopo la prima gelata invernale

 

8/ Bardana

Le sue foglie tenere vengono lessate e condite. È la pianta per eccellenza nella cura delle malattie della pelle: eczemi, dermatiti, forfora e addirittura è attiva nella cura della psoriasi grazie alla presenza di vitamine B e inulina. Nel medioevo veniva utilizzata per depurare il sangue dalla rabbia e dai morsi di serpenti velenosi. Un tesoro a portata di mano.

Periodo di raccolta: autunno

 

9/ Finocchietto selvatico

È un’ottima pianta da usare in cucina sia per le proprietà benefiche sia per l’aroma che conferisce alle pietanze. Tra le sue principali caratteristiche benefiche ci sono quella diuretica, antispasmodica, antinfiammatoria, depurativa e rinfrescante. In cucina vengono usate tanto le foglie tenere quanto i frutti e i semi. 

Periodo di raccolta: estate

 

10/ Cardo Mariano

Le radici del Cardo mariano mostrano attività diuretica ed febbrifuga, le foglie sono più amare e digestive. Ma la parte più interessante di questa pianta sono i frutti (impropriamente chiamati semi), di cui sono confermare le proprietà disintossicanti e protettive del fegato Le principali proprietà terapeutiche del Cardo mariano sono: epatoprotettrice, depurativa e disintossicante, antiossidante, digestiva, ipertensiva (alza la pressione sanguigna) leggermente spasmolitica ed antiemorragica

Periodo di raccolta: i frutti (erroneamente chiamati semi) si raccolgono tra luglio e agosto, quando dopo la fioritura i capolini cominciano ad aprirsi. Si raccolgono i capolini e si mettono ad essiccare. Successivamente si prosegue con la battitura dei capolini per ottenere i frutti in essi contenuti

 

Fuoco con feathersticks in ambiente umido

Accendere un fuoco in condizioni di elevata umidità?

Accendere il fuoco con un #acciarino, anche se si è molto bravi ad usarlo, è sempre facile in un bosco?
Come per tutte le domande assolute, la risposta è…. no!

Curiosando qua e là su internet, si leggeva dell’escursione di alcuni amici che hanno volutamente provato ad entrare nel bosco subito dopo una pioggia battente per mettere alla prova le loro capacità. L’intenzione era quella di esercitarsi nell’accensione del #fuoco in condizioni di elevata umidità, ma subito dopo una prima ricognizione, si accorsero che a rendere l’esperienza ancora più difficile, il bosco in cui erano finiti era composto da soli alberi di #quercia, insomma, una situazione non facile nemmeno per un #bushcrafter skillato.

Non è una sorpresa il fatto che accendere il fuoco con questo tipo di legno in condizioni di alta umidità quindi non sia stato facile, nonostante l’utilizzo corretto dell’acciarino e la tecnica di creare dei #featherstiscks sul legno; infatti dopo le prime prove si accorsero che le scintille prodotte riuscivano a sviluppare una fiammella, ma la stessa durava pochissimo spegnandosi quasi subito.

Alla fine il gruppo ce la fece, ma per raggiungere il risultato tanto atteso ci vollero molteplici tentativi e la conoscenza di svariate tipologie di “tattiche”. Questo esempio fa capire come ogni prova, anche la più scontata, possa portare con se insidie e difficoltà, soprattutto in un ambienta naturale in continua evoluzione. Solo l’ampliamento della nostra conoscenza e il continuo addestramento ci potrà dare maggiori chance di raggiungere l’obiettivo, soprattutto quando le condizioni si fanno dure.

Sopravvivenza: tecnica di fuoco con acciarino e feathersticks

Vediamo quindi la modalità con cui i nostri amici hanno acceso il fuoco di legno di quercia bagnato,  in condizioni ambientali con alta umidità:

Ovviamente, si sono dapprima procurati un ramo di quercia che fosse il meno bagnato possibile, per far questo si tende a cercare legna che non sia completamente caduta a terra, come un ramo secco ancora attaccato alla pianta madre o appoggiato su altro materiale che ne ha evitato il contatto diretto con il terreno zuppo; successivamente hanno rimosso tutta la corteccia (che è la parte che trattiene di più la pioggia e l’umidità), esponendo la parte sottostante che tendenzialmente se il legno raccolto è ancora “sano”, anche se umida, non risulterà inzuppata.

Dopo essersi spostati in un luogo (per quanto possibile), lontano da gocce di acqua cadenti dalle fronde degli alberi, hanno proceduto a creare, a colpi di coltello, MOLTI feathersticks piccoli e lunghi, che hanno poi staccato e riposto in luogo asciutto.

Successivamente hanno preparato, sempre utilizzando lo stesso ramo, altri feathersticks ancora più minuti, quasi a creare una “lanugine” di legno, mettendo anch’essa poi al riparo dalla pioggia.

Solo a questo punto, una volta che il ramo è stato scavato per creare i piccoli feathersticks e i finissimi trucioli, hanno iniziato a creare i successivi feathersticks “classici”, direttamente sul legno. Questo metodo risulta essere il migliore poiché sfruttando l’interno, ovvero il “cuore” del ramo, in cui abbiamo le migliori possibilità di trovare legno ancora asciutto, nonostante la pioggia e l’alta umidità ambientale.

Da qui in poi, la situazione ha finalmente preso una piega migliore; infatti con il materiale così prodotto (piccoli featherstick, trucioli finissimi e featherstick classici), non restava che accendere dapprima i featersticks “classici” preparati direttamente dal ramo e, non appena si produceva quella timida fiammella evanescente, essere pronti a bruciare dapprima l’esca più minuta, composta da trucioli finissimi, e a seguire i featherstick di piccole dimensioni, aggiungendo poi successivamente ad altre esche via via sempre più grosse.

Non è una tecnica facile, richiede calma e tranquillità emotiva, oltre che la padronanza completa dell’acciarino, ma… più impareremo e faremo esperienza, più ci saremo assicurati di sapere accendere un fuoco anche nelle condizioni più difficili, come un bosco bagnato e utilizzando un legno “ostico” .

Di seguito vi lasciamo un bellissimo video del mitico Ray Mears all’opera nella costruzione di Feather sticks. C’è solo da imparare!

Alla prossima!!!

I miti in sopravvivenza: l’acqua in natura

Altra piccola lezione relativa alla acqua e ai vari miti che le girano intorno in ambito di sopravvivenza.
Ho volutamente saltato tutti i miti che girano intorno al bere la propria urina e al raccogliere acqua stagnante per salvarsi perchè ho intenzione di scrivere un articolo dedicato proprio a questa ipotetica evenienza.

Gli altri miti della survival relativi al bere e all’acqua
li trovate qui di seguito 🙂

Miti del survival #1. Se l’acqua scorre, è acqua sicura!

 

Falso!!
Se siete persi in natura non potete sapere se l’acqua corrente che avete davanti provenga DIRETTAMENTE dalla fonte.. e soprattutto non potete sapere se ci sono cadaveri (magari già in decomposizione) tra il punto in cui bevete e qualche decina di metri più a monte!
E’ giusto il concetto di base di scegliere acqua corrente piuttosto che acqua stagnante… ma da qui a dire che l’acqua corrente sia senza dubbio SICURA ci passano due oceani.

Miti del survival #2. Acqua salata se bevuta in piccole quantità può salvare la vita!

 

FALSO!!
Bere acqua salata è SEMPRE controproducente!!
Il sale contribuisce alla disidratazione del corpo, sempre e comunque.
L’acqua salata va SEMPRE desalinizzata con qualche sistema di bollitura ed evaporazione.

Piccolo trucco: l’acqua salata contribuisce ad abbassare la temperature del corpo piu dell’acqua dolce 😉

Miti del survival #3. Mangiare la neve è un modo sicuro per idratarsi.

 

Falso!
Se siete in un ambiente innevato il vostro corpo sta lottando per mantenersi piu caldo possibile. Ingurgitare neve non farà altro che aiutarlo a raffredarsi…oltre che GELARVI lingua e bocca.
Inoltre, se la neve non è appena caduta, avete possibilità di portare alla bocca germi e batteri che possono risiedere sulla superficie che avete raccolto.
SEMPRE SEMPRE SEMPRE sciogliere e bollire la neve, prima di berla!

Miti del survival #4. I Cactus sono una grande fonte d’acqua.

 

Questo è un mito del survival che proviene molto probabilmente dai cartoni animati che guardavamo da piccoli.

E’ vero che i cactus trattengono molta acqua e possono grazie a questa sopravvivere per lungo tempo a climi estremi…ma non vuol dire che l’acqua che trattengono tra le loro fibre sia immediatamente potabile per noi!

Infatti, i liquidi contenuti nei cactus sono estremamente ACIDI e disgustosi. Se proprio non siamo a rischio di morte per disidratazione, bere acqua dei cactus può facilmente portare a vomito e dissenteria…aggravando la nostra precarissima situazione e portandoci, probabilmente , alla morte.

Insomma…. di storie inventate/fantasiose sulle situazioni di sopravvivenza ne possiamo trovare a decine, sia in rete che fuori.

L’importante, per noi, è conoscerle e sconfessarle al piu presto in modo che, Dio non voglia, qualora ci trovassimo in una situazione estrema sapremmo come comportarci al meglio senza cadere in questi banali miti della #sopravvivenza….oppure venire ad uno dei nostri corsi di sopravvivenza a Roma! 😉 .

Riarrangiato da un articolo di PortaleSopravvivenza, che ringraziamo!

Fiammiferi Impermeabili – come si fanno ?

Partiamo dal presupposto che i fiammiferi impermeabili possono tranquillamente essere acquistati in negozi per outdoor e su diverse piattaforme online, ma purtroppo però spesso hanno costo abbastanza elevato, se si considera la materia prima molto semplice e non sempre la fattura degli stessi risulta essere buona.

Per questo motivo oggi andremo conoscere insieme alcuni metodi efficaci per realizzarli autonomamente e utilizzarli in gite da campeggio o in un’escursione nella natura.

Di seguito riportiamo in elenco alcuni dei metodi più diffusi.

“IMPORTANTE”

Data la natura pericolosa delle sostanze e dei materiali utilizzati nelle tecniche descritte, l’esecuzione di queste pratiche da parte di minorenni dovrà essere preclusa se non adeguatamente supervisionati da un adulto responsabile.

1- Metodo della TREMENTINA

Uno dei metodi più efficaci è quello mediante l’uso della trementina, questa sostanza possiede infatti due importanti caratteristiche:

  • Un punto di elevata infiammabilità superiore rispetto a quello contenuto nell’acetone, prodotto che viene comunemente usato per rimuovere lo smalto per unghie
  • A differenza della paraffina o della cera, non prevede per la sua accensione l’utilizzo di una fiamma.

METODO:

Per prima cosa, versa due o tre cucchiai abbondanti di trementina all’interno di un bicchiere, prendere alcuni fiammiferi e predisponili a testa in giù all’interno della trementina e tenerli a mollo per circa cinque minuti. In questa attesa di tempo, la sostanza impregnerà la capocchia dei fiammiferi e anche una parte del bastoncino. Ritirare i fiammiferi e predisponili sopra la carta da giornale per farli sciugare (generalmente ci si impiega circa una ventina di minuti affinchè la trementina in eccesso, evapori del tutto).

Attraverso questo trattamento, i fiammiferi restano impermeabili per molto tempo, anche per cinque o sei mesi.

2- Metodo dello SMALTO PER UNGHIE

Procedura molto simile a quella della trementina:

METODO:

Per prima cosa prendere alcuni fiammiferi e predisponili a testa in giù direttamente all’interno della boccetta di smalto per unghie sino almeno a 3 mm sotto la capocchia. Ritirare i fiammiferi tenendoli per qualche secondo in mano ad asciugare, subito dopo disporli su di un piano, assicurando che la capocchia sporga fuori dal bordo della superficie. Attenzione ad adagiare un foglio di giornale sotto di essi affinché si eviti di sporcare il pavimento con le gocce di smalto che potrebbero cadere.

3- Metodo della CANDELA

Tecnica che sigilla la capocchia del fiammifero rendendolo igroscopico:

METODO:

Prendere una candela, accenderla e colare almeno 1cm di cera liquida in un contenitore (meglio se preriscaldato per non far subito solidificare la stessa al contatto. Prendere alcuni fiammiferi e immergerli a testa in giù direttamente nel liquido, fino a coprire completamente la capocchia. Ritirare i fiammiferi tenendoli per qualche secondo in mano ad asciugare, subito dopo disporli su di un piano, assicurando che la capocchia sporga fuori dal bordo della superficie. Attenzione ad adagiare un foglio di giornale sotto di essi affinché si eviti di sporcare il pavimento con le gocce di cera che potrebbero cadere. Appena la cera si è sufficientemente freddata, ma non ancora completamente solidificata, schiacciare con due dita l’estremità ricoperta del fiammifero, allo scopo di sigillarla il più possibile, facendo aderire al massimo la cera allo stesso.

4- Metodo della PARAFFINA

Questa tecnica permette di utilizzare i fiammiferi per creare una torcia capace di bruciare anche fino a 10minuti, resistente all’umidità.

METODO:

Prendere una pentola, metterla sul fuoco a bagnomaria e porci all’interno la paraffina in modo da poter ottenere almeno 1cm di profondità della stessa liquefatta. Prendere una quantità sufficiente di fiammiferi, legarli assieme con uno spago e immergerli a testa in giù direttamente nel liquido, fino a coprire completamente la capocchia e anche un po’ oltre. Ritirare i fiammiferi tenendoli per qualche secondo in mano ad asciugare.

Consigli utili

Come già detto in precedenza, la trementina possiede un punto di infiammabilità piuttosto alto rispetto allo smalto per unghie, per questo motivo, risulta il metodo più sicuro da utilizzare. Qualsiasi trementina, sia quella minerale, sia di limone o di pino, possiedono indistintamente la stessa impermeabilità.

Se si vuole essere ancora più sicuri che l’acqua non scivoli sul bastoncino dei fiammiferi, gli stessi possono tranquillamente essere ricoperti interamente con la cera.

Lo smalto risulta esser più pericoloso della trementina, ma a differenza della cera garantisce più sicurezza di successo, visto che quest’ultima può facilmente rompersi o venir via.
Se si utilizza il metodo della cera, ricordiamo di lavorare il più velocemente possibile, in modo che la stessa non abbia il tempo sufficiente per indurirsi.

Se i fiammiferi che saranno utilizzati non sono quelli accendibili ovunque, ricordiamo di portar sempre assieme una superficie adatta di accensione.

Se non si dispone di contenitori in grado di scogliere la cera a bagnomaria si potrà anche decidere di utilizzare una padella direttamente posta a fuoco lento, in questo caso si dovrà fare massima attenzione in quanto aumenterà notevolmente il rischio di incendio. Il metodo delle candele può essere utilizzato solo quando i fiammiferi sono di legno, se questi hanno un bastoncino di plastica o di cera non va assolutamente scelto come metodo di impermeabilizzazione.

Non utilizzare tazze di plastica per contenere la trementina in quanto questa sostanza potrà scioglierne la superficie. Ricordiamo che la trementina è una sostanza capace di assorbire tutta l’umidità contenuta nel legno, per questo motivo si potranno utilizzare tranquillamente fiammiferi anche vecchi o datati. La trementina in eccesso, va travasarla nuovamente nel suo apposito contenitore.

Utilizzando i metodi sopra elencati, otterrete i fiammiferi impermeabili, ma noi vi consigliamo comunque di tenerli durante un campeggio o una gita immersa nella natura, all’interno di un sacchetto contenitore sigillato o richiudibile.

Consigliamo di attuare le varie tecniche sopra descritte subito dopo aver acquistato i fiammiferi, in modo che questi possano assorbire una minima parte di umidità contenuta nell’aria.

Avvertenze

La trementina è una sostanza tossica, può essere letale in caso di ingestione e di penetrazione nelle vie respiratorie, provoca grave irritazione oculare e cutanea. Può provocare reazioni allergiche cutanee.

La cera sciolta allo stato liquido è molto calda, per questo motivo bisogna fare attenzione a rischi di ustioni, anche gravi o di dar vita ad incendi.

La cera di paraffina risulta estremamente difficile da rimuovere dalle stoviglie, per questo motivo consigliamo di utilizzare, per il bagnomaria, una scodella vecchia oppure di acquistarne una, magari usata, da utilizzare solo per questo unico scopo. Prestare molta attenzione alle goccioline d’acqua in quanto la cera di paraffina è estremamente reattiva a quest’ultime, come fosse olio.

Lo smalto per unghie è un prodotto estremamente tossico e infiammabile, inoltre racchiude al suo interno sostanze cancerogene. Prestare attenzione durante l’utilizzo e tenere gli ambienti ben areati.

Se si adottano le tecniche dello smalto per unghie o quella con la cera, ricordiamo di ricoprire per bene con della carta da giornale le superfici sulle quali si lavora; vi sono infatti molte probabilità di sporcarle.

Intrappolato nella propria auto sotto tre metri di neve!

Una storia che ha dell’incredibile
Nei nostri corsi di sopravvivenza impariamo che, MEDIAMENTE, si può sopravvivere fino a 21 giorni senza toccare cibo.
Ma ogni regola, come tutti sappiamo, ha delle eccezioni.

Oggi vi raccontiamo un’avventura che ha dell’incredibile. Corre l’anno 2012 e il protagonista è un artigiano quarantaquattrenne di nazionalità svedese di nome Peter Skylberg, riuscito a sopravvivere all’interno di un’automobile sommersa dalla neve per ben due mesi.
Mentre era in servizio, un poliziotto di nome Gunner Ek, si è accorto casualmente di un riflesso trasmesso dal sole, sullo specchietto dell’auto. Dopo giorni di intense nevicate, le temperature in leggero rialzo, erano riuscite a far sciogliere parte della neve adagiata sull’auto. Il poliziotto, sorpreso, si è avvicinato alla macchina e con una pala è riuscito a creare spazio vicino ad una delle due portiere. Una volta aperta l’auto, ecco la miracolosa scoperta.
Sul sedile posteriore, vi era sdraiato un uomo, che inizialmente, il poliziotto credeva morto, salvo poi una volta avvicinatosi, scoprire che respirava.
Peter Skylberg, ormai pelle ed ossa, era rinchiuso nella sua auto da ben due mesi. Era restato bloccato in una strada secondaria, all’interno di un bosco. L’uomo, una volta trasportato d’urgenza all’ospedale di Umea (Lapponia), ha raccontato di esser sopravvissuto, ingerendo soltanto la neve, che riusciva a raggiungere da una fessura di un finestrino.

Oltre ad un giornale (la cui data, corrispondeva al 19 Dicembre, giorno in cui l’uomo era rimasto bloccato), all’interno della sua auto, sono stati rinvenuti alcuni bicchieri sporchi da residui di caffè e coca cola. Oltre a questi, un paio di carte di caramelle e per finire un sacco a pelo, strumento grazie al quale Peter Skylberg, è riuscito a non morire assiderato.

Come ha potuto sopravvivere in quelle condizioni?

I medici, dopo averlo messo in salvo nutrendolo attraverso delle flebo, non hanno voluto rilasciare dichiarazioni sullo stato di salute generale del paziente. Ad oggi non si sa se quest’avventura abbia lasciato degli strascichi psico-fisici nel corpo del povero Peter o meno.

Nessuno dei familiari dell’uomo, aveva denunciato la sua scomparsa alla polizia, in quanto Peter, aveva chiuso ogni legame di parentela circa 25 anni prima. L’unica che avrebbe potuto far cenno della sua scomparsa, è la donna che Peter Skylberg chiamò il 18 Dicembre, comunicandole che avrebbe trascorso con lei le festività natalizie ormai prossime. Ma nulla fu segnalato nemmeno da quest’ultima. Si presuppone che l’uomo nel bel mezzo di una bufera, abbia perso l’orientamento, andando a finire con la propria auto in una strada secondaria all’interno del bosco e che sia rimasto sepolto dopo poco tempo da circa tre metri di neve.

Fatto realmente accaduto o totalmente inventato?
Il caso che vi abbiamo appena raccontato, fu oggetto di forte discussione all’interno di tutto il territorio svedese. A studiare attentamente il caso, sono stati chiamati addirittura alcuni soldati dell’esercito, esperti di sopravvivenza in climi artici.
I pareri dei vari esperti furono abbastanza discordanti.
Il dottor Johan von Schreeb, sostiene che è umanamente impossibile, sopravvivere per oltre 50 giorni, ingerendo solo della neve, in quanto quest’ultima non contiene nessuna sostanza indispensabile al nutrimento di un individuo. Di differente parere è invece, il primario del policlinico di Umea, il dottor Ulf Segerberg, il quale sostiene che il signor Peter Skylberg sia sopravvissuto per oltre due mesi senza cibarsi, grazie alle riserve di grasso che l’organismo aveva deciso di consumare in quel lasso di tempo.
Il fatto che l’uomo sia riuscito a non morire assiderato, i militari hanno spiegato che ciò è stato possibile, grazie al sacco a pelo che è stato rinvenuto all’interno dell’auto. Peter Skylberg, è riuscito a sopravvivere a temperature estreme di -35 gradi, anche grazie all’enorme strato di neve che ricopriva la sua auto, quest’ultima infatti è riuscita ad isolare l’interno della macchina, dal freddo gelido che proveniva da fuori.

Ora la domanda sorge spontanea. Ai vostri occhi, la storia che vi abbiamo appena raccontato, appare vera o totalemte inventata?

Metodi e segnalazioni per chiedere aiuto

PREMESSA
Oggi giorno, grazie ai sistemi tecnologici di localizzazione che fanno parte della nostra quotidianità, i naufraghi di una nave, i superstiti di un aereo, saranno senza ombra di dubbio ricercati da qualcuno.
Conoscendo l’orario del proprio rientro, qualcuno si accorgerà inevitabilmente del loro ritardo e avviserà le autorità competenti.
Quando si ha bisogno di soccorso, bisogna infatti avere molta fiducia nelle squadre, che si metteranno da subito in moto non appena ricevuto l’avviso.
Nel caso in cui un gruppo di turisti si è perso e qualcuno si è ferito, bisogna come prima cosa accendere un fuoco che faccia molto fumo, affinchè un elisoccorso riesca a localizzare la posizione dei dispersi.
La prima regola, affinchè i soccorsi arrivano nel più breve tempo possibile, sta nel far conoscere la propria posizione, la situazione in cui i dispersi versano e di ciò che si ha bisogno.

SOS (Save Our Ship in inglese e in italiano Soccorso Occorre Subito), è il segnale per chiedere aiuto più conosciuto. Queste tre lettere descrivono il segnale universale di richiesta di soccorso immediato e può essere comunicato attraverso l’alfabeto morse, via radio o scritta.
Il modo più semplice e accessibile a tutti, anche ai meno esperti è quello di esprimerlo in codice morse, ovvero: tre punti, tre linee e tre punti (· · · — — — · · ·).
Tale codice venne usato per la prima volta a Berlino nel 1906, durante la seconda conferenza radiofonica internazionale.
Naturalmente i metodi più veloci per richiedere immediato soccorso, restano quello via telefono o radio.

Il segnale parlato, più famoso al mondo e che viene utilizzato nelle comunicazioni in fonia è la parola “Mayday” (la cui pronuncia è meidei e sta a significare pericolo imminente e grave).
Questa espressione, viene utilizzata dal 1927 e fu proposta da Frederick Stanley Mockford nel 1923 presso l’aeroporto di Croydon a Londra. Venne modificata l’espressione francese “m’aider” (aiutatemi).
Nel caso di pericolo imminente, bisogna ripetere la parola per tre volte consecutive. Fatto ciò, bisogna comunicare ai soccorritori, la propria posizione, le condizioni e la natura del pericolo in vista.

SEGNALI DI EMERGENZA
– Segnali di fuoco e fumo:

Il metodo più efficace, affinchè vengano rilevate le persone in difficoltà dalle squadre di soccorso, resta il fuoco sia durante il giorno, sia durante la notte.
Durante le giornate limpide e poco nuvolose, bisogna che accendiate un fuoco capace di produrre molto fumo denso. Affinchè ciò avvenga, bisognerà dar fuoco a foglie verdi, muschio, rami non troppo secchi e fieno umido.
Durante le giornate grige e nuvolose, bisognerà invece accendere un fuoco che produca del fumo nero. In questo caso, bisognerà dar fuoco a gomme, a stracci imbevuti di olio o benzina o semplicemente a della plastica.
La cosa più efficace per attirare l’attenzione, sarebbe quella di accendere più fuochi contemporaneamente. Sarebbe perfetto se riusciste ad accenderne tre, formando un triangolo equilatero.
I fuochi andrebbero accesi se è possibile in delle zone sopraelevate, o meglio ancora se confinano lungo il corso di un fiume. Se siete circondati da alberi, sterpaglie alte, oppure se vi è presente neve o vento che soffia forte, è meglio non cimentarsi a produrre del fuoco, in quanto perdereste solo del tempo utile.
Durante la notte, è consigliabile accendere un fuoco che sia molto luminoso. Per questo motivo, sarebbe meglio bruciare legna molto secca, capace di produrre una fiamma alta e vistosa.

SEGNALI ACUSTICI
1) Urlare: facendo conca con le mani ai lati della bocca e gridare la parola HELP o Aiuto.
2) Fischiare: avere un fischietto nel kit di sopravvivenza è sempre consigliato. Il suono emesso dal fischietto, può essere percepito anche a km di distanza e a differenza di gridare a squarciagola, si consumano molte meno energie.
3) Sparare: nel caso in cui si ha a disposizione un arma da fuoco, è sempre consigliabile sparare in aria per attirare attenzione nei paraggi.
4) Segnali a percussione: se nelle vicinanze ci sono oggetti capaci di produrre buoni suoni, è consigliabile sbatterci contro con un oggetto metallico, tipo il coltello.
SEGNALI VISIVI
1) Utilizzo del proprio corpo: agitare le braccia dal basso verso l’alto velocemente, tenendo magari in mano qualcosa di molto visibile, come ad esempio un foglio di alluminio o semplicemente degli indumenti colorati. Questo naturalmente quando è presente la luce del sole. Durante la notte, è invece consigliabile stringere tra le mani un bastone infuocato o una torcia.
2) Razzi o fumogeni: se si hanno a disposizione uno di questi due oggetti, è cosa buona accenderli subito, ricordano però che è sempre consigliato non consumarli tutti velocemente, in quanto i mezzi di soccorso, potranno inizialmente non percepire la nostra segnalazione.
3) Starlight: se si è in possesso di oggetti tipo il cyalume o il glowstick, dovranno essere subito utilizzati. La luce chimica trasmessa dalla barra, ha una durata che varia dalle 8 alle 24 ore, in base al modello che utilizziamo.
4) Coloranti solubili: se siamo su una nave, è molto facile trovare prodotti che una volta immersi nell’acqua marina, emettono una fluorescenza parecchio intensa. Questo potrà aiutarvi a far si che i soccorsi, individuino il prima possibile, la vostra posizione.
SEGNALI DEL CORPO
Questi vengono usati principalmente per comunicare da terra, ad esempio con i piloti di un aereo e vanno ripetuti più volte per essere meglio percepiti.

SEGNALI TERRA ARIA
Nei nostri kit di sopravvivenza è sempre consigliabile avere una tabella stampata.

Questi simboli, sono riconosciuti come segnali d’emergenza terra-aria e vengono utilizzati a livello internazionale per comunicare con gli aerei di soccorso.
Bisogna formare questi simboli sul terreno, tenendo conto che dovranno essere molto grandi e distanziati tra loro almeno da 3 o 4 metri. Per la realizzazione, è possibile utilizzare qualsiasi oggetto si ha a disposizione, tipo tronchi, indumenti, lamiere, rami, cespugli, pietre ecc…
Se non si ha nulla a disposizione di quanto elencato precedentemente, si può sempre scavare la terra, accentuando i bordi con quella estratta. In parole povere, bisogna creare quanto più contrasto possibile per rendere i segnali sempre più visibili per aiutare i mezzi di soccorso.
Se i vostri segnali di aiuto, verranno compresi dal pilota, durante il giorno questo oscillerà le ali dell’aereo muovendole dal basso verso l’alto, durante la notte invece vi lampeggerà con delle luci verdi.
Se i vostri segnali di aiuto, non verranno invece percepiti dal pilota, durante il giorno effettuerà un giro di 360° in senso antiorario, rispetto alla vostra posizione, durante la notte vi lampeggerà invece con delle luci rosse.

L’ELIOGRAFO
Considerato indispensabile nel nostro kit di sopravvivenza, l’eliografo è uno strumento capace di salvarvi la vita. Viene da sempre considerato uno di quei metodi più efficaci per effettuare segnalazioni sia se si è dispersi in terra che in mare.
Il riflesso che viene trasmesso da questo oggetto, è visibile da un aereo anche a 30 Km di distanza e da una nave anche a 15 km.
Se non vi è la luce del sole, è possibile utilizzare sempre l’eliografo, facendo riflettere su di esso la luce trasmessa da una faro, da una torcia o se il cielo risulta essere limpido, anche dal riflesso della luna.
Se nel nostro kit di sopravvivenza, non è presente l’eliografo, è sempre possibile utilizzare qualsiasi oggetto capace di far riflettere la luce. Possiamo utilizzare ad esempio: uno specchietto, un foglio di alluminio, un pezzo di metallo o vetro o una scatola di latta. Infine, è possibile anche utilizzare la lama di un coltello.
SEGNALI TELEFONICI E RADIO
1) Telefono:
Se essere in possesso di un cellulare, è sempre una fortuna, bisogna comunque ricordare che questo se non coperto da rete, è completamente inutilizzabile.
Quando si è circondati da fili dell’alta tensione, materiali altamente ferrosi o in zone vulcaniche il telefono non funziona.
Le batterie contenute all’interno del dispositivo, hanno un tempo di carica limitato, per questo è sempre consigliabile tenerlo spento, se non quando si ha la possibilità di comunicare con qualcuno per chiedere soccorso.
Se si è in viaggio per un posto dove non sarà possibile ricaricare la batteria del cellulare, è sempre consigliabile portare con se un caricatore a manovella dinamo.
Per far si che il telefono mobile, venga preservato dagli agenti atmosferici, è cosa buona non tenerlo esposto alla luce del sole e al riparo da pioggia o umidità. Se siamo in possesso di una busta di plastica, è consigliabile avvolgerlo dentro per sigillarlo.
Naturalmente, se si è coperti da una rete, la prima cosa da fare è quella di inviare un messaggio ai vostri cari, affinchè avvisino le autorità competenti per la richiesta di soccorso.
E’ preferibile inviare un SMS piuttosto che chiamare, per consumare meno batteria dal vostro cellulare.

2) Radio:
A differenza del telefono, la radio funziona attraverso l’emissione di onde elettromagnetiche. Per far si che questa trasmetta nel miglior modo possibile, è consigliabile portarsi su un punto alto, meglio ancora se intorno a voi non ci siano ostacoli come albri o edifici.
Per quanto riguarda la città, vi ricordiamo che il canale di emergenza è il 16 con frequenza 27 Mhz. Se si è in montagna, le frequenze iniziano dai 130 ai 140 Mhz. Se si è in mezzo al mare, i canali invece vanno dai 160 ai 170 Mhz. Per una radio in banda nautica, bisogna impostare il canale 16, se si è a bordo di un aeroplano, si dovrà portare la manopola della radio su 121.5 oppure su 243.0 Mhz.
Se siete sprovvisti di queste informazioni radio molto utili, è consigliabile chiedere soccorso sulla frequenza che compare alla prima accensione della radio. Se i tentativi risultano essere vani, bisognerà mandare le frequenze in avanti, ricordandovi di appuntare quelle precedentemente già esaminate.
Ricordiamo inoltre che le frequenze che vanno da 144 a 146 Mhz, vengono utilizzate dai radio-amatori, ma possono essere anche tranquillamente usate per richiedere aiuto o soccorso.

SEGNALI DI SOCCORSO IN MONTAGNA
Se risultate essere dispersi in montagna, vi elenchiamo le tecniche più conosciute per chieder aiuto:
1) Fischiare o lampeggiare per 6 volte per un minuto, intervallando i segnali di 60 secondi;
2) Lanciare razzi di colore rosso;
3) Formare un cerchio bianco su uno sfondo rosso;
4) Alzare le braccia agitandole. Fondamentale ricordare di non farlo con un solo braccio, questo infatti farebbe percepire a chi vi ha in vista, di non avere nessun bisogno di aiuto e che siete a posto così.
SEGNALI DI SOCCORSO IN MARE
Se siamo dispersi a bordo di una nave, molteplici saranno i mezzi al quale possiamo far riferimento per segnalare il bisogno di soccorso. Tra tutti: razzi, fuochi artificiali, fumogeni luminosi o apparecchi radio.
Ricordiamo che anche dar fuoco a olio, barili di catrame, sarà un ottimo mezzo per chiedere aiuto, grazie agli enormi fumi neri che si alzeranno in aria.
CONCLUSIONI
Nel caso in cui pensiate che le possibilità che qualcuno vi cerchi sia remota, cercate di raggiungere con tutti i mezzi che si hanno a disposizione un centro abitato, ricordandovi però di lasciare traccia di una vostra presenza dove eravate posizionati precedentemente. Scrivete ad esempio sul terreno la data del giorno in cui siete partiti, il numero di persone al seguito che richiede soccorso e la quantità di provviste che avete con voi.
Concludiamo questo articolo, ricordandovi di tenervi in vista, magari lontano da grossi alberi, affinchè abbiate più possibilità che qualcuno si accorga di voi e del vostro bisogno imminente di aiuto.

La Bussola

 Cos’è una Bussola?
La bussola è uno strumento che, indicando sempre la direzione NORD, permette l’orientamento a
ttraverso i punti cardinali. Infatti il globo terrestre può essere paragonato ad un grosso magnete con
 i suoi due poli magnetici posizionati vicino ai due poli geografici.
La bussola è riconosci

uta come il primo strumento indispensabile per la navigazione ed è essenziale per orientarsi nelle grandi distanze (navali, aeree ecc.), ma anche per spostarsi nella natura o in zone prive di punti di riferimento, allo scopo di raggiungere una meta.

Composizione
Vi sono diverse tipologie di bussole, dalle più semplici a quelle di tipo cartografico, navale, aereonautiche, le stesse si differenziano per l’aspetto generale e le funzioni/indicazioni di cui sono dotate. Tutte le bussole però sono composte nella loro parte essenziale dalle seguenti parti:
 
MORTAIO O CASSA: è l’involucro esterno non magnetico
PUNTA DI SOSPENSIONE: è un perno che poggiato sulla base del mortaio sosterrà l’ago o equipaggio
EQUIPAGGIO: è formato da uno o più aghi magnetici appoggiati sulla punta di sospensione, liberi di girare;
LIQUIDO: sostiene il supporto galleggiante dove è posto l’equipaggio e serve a diminuire l’attrito che si forma tra il perno e il supporto rendendo morbida la sua rotazione
CALOTTA: sigilla la bussola nella parte superiore permettendone la visione degli elementi dall’esterno
ROSA DEI VENTI: disegno nel quadrante della bussola, posto sotto il mortaio.
 
Come funziona?
l funzionamento è semplice e si basa sul principio che l’ago magnetico si allineerà con il campo magnetico terrestre, puntando sempre verso il polo nord magnetico. Pertanto, una volta che l’ago della bussola si è stabilito, possiamo determinare con precisione la direzione del nord magnetico. Conoscendo la direzione del nord magnetico e utilizzando la rosa dei venti, è possibile individuare facilmente gli altri punti cardinali e stabilire una corretta rotta o direzione da seguire durante un’escursione o una navigazione all’aperto.
 
IMPORTANTE: la bussola essendo uno strumento dotato di ago magnetico indicherà sempre e solo il NORD MAGNETICO e non di nord geografico. Dobbiamo infatti sapere che i due punti non sono corrispondenti; infatti mentre il nord geografico è l’esatto apice del globo terrestre come rappresentato sulle piantine, quello magnetico, essendo dato dal campo prodotto dalla rotazione del nucleo ferroso posto nel cuore del pianeta, varia la sua posizione costantemente (ad oggi si sposta di c.ca 50/60Km all’anno verso la Siberia). 
Per i nostri piccoli spostamenti perciò tale differenza non creerà grossi problemi (nel caso le piantine sono dotate di indicazione per la declinazione magnetica (valore da sommare o sottrarre al nord magnetico trovato dalla bussola per conoscere l’esatta posizione del nord geografico), ma per tracciare rotte navali, aeree o grandi spostamenti questa differenza andrà assolutamente presa in considerazione per non sbagliare completamente la rotta.
 
E’ sempre sicura?
Se usata correttamente la bussola è uno strumento assolutamente preciso; dobbiamo però tenere conto di alcune insidie che possono portare a misurazioni sbagliate che ci farebbero perdere la giusta rotta!
In primo luogo dobbiamo  fare attenzione al suo mantenimento in buono stato; si tratta infatti di uno strumento delicato che se sottoposto a urti potrebbe riportare  danni ai componenti interni, come l’esposizione a forti campi magnetici che potrebbero variare o smagnetizzare l’ago. E’ importante quindi sempre controllarne il buono stato prima di ogni utilizzo; la presenza di danneggiamenti, il movimento non fluido dell’ago, la presenza di bolle d’aria o l’ingiallimento del liquido sono sintomi di una bussola non più efficace.
Dobbiamo poi fare attenzione a come la utilizziamo, mantenendo la cassa perfettamente orizzontale al momento della lettura e facendo attenzione a non avvicinare ad essa oggetti metallici, magnetici, elettronici o che possano in genere variare il campo magnetico attorno ad essa (Es. Anelli, cellulari, collane, tavoli in metallo ecc.).
 
 
 
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