Realizzare il kit di Sopravvivenza

Quanto riportato in questo articolo è frutto di riflessioni, studio ed esperienze personali sul campo e teoriche. Un buon kit di sopravvivenza deve evolversi nel tempo, tenendo conto, di volta in volta, di ciò che riteniamo inutile o necessario. Questa evoluzione può avvenire solo con l’esperienza pratica. Prendete queste indicazioni come un’idea di massima, e in base alle vostre specifiche esigenze procedete a personalizzarlo.

La cosa FONDAMENTALE da tenere sempre a mente sono le Priorità.

Qui vengono indicati strumenti che richiedono una certa confidenza. Un conto è avere un telo, un altro è saper costruire un riparo di fortuna, e soprattutto saper individuale il posto corretto in cui costruirlo, in base ai venti, al calore, alla protezione, alla presenza di pericoli come rocce che possono cadere o acqua che può arrivare improvvisamente… Questi sono strumenti, ma le tecniche per utilizzarli correttamente non sono descritte qui. Andranno imparate prima con una base teorica, e poi naturalmente provando. Non occorre essere dispersi per dormire una notte in un riparo di fortuna. Si può fare anche a fini didattici, ed è inoltre divertente.

Introduzione
Un kit di sopravvivenza è un insieme di strumenti atti a garantire, in situazioni limite, almeno alcuni standard minimi vitali. Al suo interno andranno messe quindi anche tutte quelle cose che riteniamo utili per affrontare situazioni che, normalmente, non si verificano. All’interno dello stesso metteremo anche cose di normale utilizzo e questo ci permetterà di avere uno kit utile sia nella normalità che nell’eccezionalità e di essere sempre pronti ad ogni eventualità. Il kit dovrà essere sempre con noi, sia
durante escursioni di più giorni in zone isolate che nella tranquilla passeggiata domenicale nel boschetto vicino a casa o in situazioni postcatastrofiche. Questo implica necessariamente una buona trasportabilità del kit stesso, sia come dimensioni che come comodità. Non deve creare impacci, soprattutto se indossiamo anche uno zaino per trasportare altro materiale.

Cosa mettere nel kit dipende dalle situazioni che possiamo incontrare. Ogni kit dovrà essere adeguato al luogo e al clima tipico della zona in cui sarà utilizzato, non deve contenere strumenti inutili, e tanto meno non deve escludere niente di quanto ci potrebbe servire. Credo sia importante, quindi, prima di iniziare a raccogliere oggetti da inserire, valutare il dove, il come e il quando effettuiamo le nostre uscite, prestando particolare attenzione al clima e all’acqua. Infatti grazie al grande lavoro svolto nel sito www.housegate.net (che ringraziamo) in questo documento si parlerà di escursioni in zone montuose delle Prealpi Venete (vi assicuro molto ostiche e impervie), tra i 900 e i 2.300 metri s.l.m. , con poca o nulla presenza di acqua potabile, vegetazione che arriva a circa 1.500 metri, sopra i quali si trovano solo pascolo e roccia, clima sempre sotto i 25° C, con punte, in inverno, di –20°C e comunque, anche in agosto, con possibilità di temperature prossime allo 0, con violenti ed improvvisi temporali e grandinate, discreta presenza di vipere comuni, passaggi a volte impegnativi specialmente con pioggia o neve, discreta presenza di piccola selvaggina e volatili che però sono estremamente sospettosi. Inoltre abbiamo inserito spunti e tecniche utilizzati da me e Leonida nelle nostre uscite e nelle nostre esperienze.

Dimensioni e peso
Ci sono kit di vario livello a nostro avviso, alcuni che stanno in un pacchetto di sigarette o nel manico di coltelli da lavoro , e altri che occupano zaini da 80 litri. Prima di pensare al contenitore, bisogna predisporre tutto il contenuto. Quindi questo kit lo chiameremo KIT DI 1° LIVELLO in quanto più completo di kit più piccoli che metteremo, nelle prossime lezioni, in manici di coltello o scatole stagne di latta. Dunque dimensioni e peso verranno da soli, e li aggiusteremo alla fine.

 

Valutazione delle priorità
A mio avviso si deve partire dalle priorità, la famosa regola dei 3. Questa regola dice che si può stare 3 minuti senza aria, 3 ore senza riparo, 3 giorni senza acqua e 3 settimane senza cibo. Anteporre il riparo all’acqua può sembrare stupido, in realtà avere un tetto che ci difenda dalla pioggia, dal vento, dal freddo e dagli animali e gli insetti è importantissimo, nella stragrande maggioranza dei casi più dell’acqua da bere. Per procurarci l’acqua possiamo aspettare il giorno successivo, ma la notte prossima richiede estrema attenzione, senza perdere tempo in altro.Oltre a queste priorità, riparo, acqua e cibo, vanno aggiunte la salute, l’orientamento e la segnalazione. Salute comprende sia quella fisica (cerotti, disinfettante, difesa da aggressione animali…) che quella psicologica (radio, zucchero…). Orientamento per sapere dove mi trovo, e soprattutto dove si trova una via di fuga. Segnalazione per dar modo a chi mi sta cercando di individuarmi anche di notte, o in un fitto bosco, o in fondo a un canalone. Consideriamo che in caso di eventi catastrofici e fenomeni naturali straordinari, stabilire le priorità è una scelta dettata dallo scenario, che può essere molto diverso dall’essersi persi in un bosco o essere capitati sul terreno nemico e dover fuggire nella jungla.

Riparo, la prima priorità.
Diciamo subito che su molti siti e manuali ho trovato una quantità infinita di istruzioni per costruire ripari di fortuna del tipo Debris Shelter cioè fatto di detriti. Non richiede attrezzi particolari ma è molto dispendioso in termini di energie e materiali. Quando in un bosco o in un ambiente ostile le cose si mettono male, comincia a piovere, il sole cala, comincia a fare freddo e cala l’umidità, bisogna essere in grado di costruirsi un riparo in breve tempo, con poco dispendio di energie e allo stesso tempo efficace per impermeabilità ed isolamento.

Un telo impermeabile è perfetto allo scopo, veloce da approntare ed efficace. Posso semplicemente tenderlo fra due alberi, o fra un albero e un legno lungo, sopra un cespuglio dentro il quale mi infilerò, fra due pietre, sopra lo zaino, o nel peggiore dei casi gettarmelo in testa, per essere riparato. Il telo deve essere grande abbastanza da coprirmi anche se sdraiato, almeno 40 cm più lungo della mia altezza, e largo abbastanza da darmi spazio e protezione da vento e acqua anche ai lati, quindi almeno 120 cm totali di larghezza. Il materiale deve essere assolutamente impermeabile a vento e acqua, quindi meglio nylon. Lo spessore deve essere tale da non renderlo troppo delicato  Un nylon che si trova in ferramenta a pochi centesimi al metro è perfetto: non fa passare acqua e vento, non pesa tanto pur essendo relativamente robusto, e si ripiega occupando poco spazio. Il telo può essere sostituito da sacchi della spazzatura grandi, quelli per ristoranti, per bidoni grandi. Dobbiamo tener presente che il nylon brucia bene, dobbiamo tenerlo lontano dal fuoco se ci addormentiamo; non fà traspirare l’aria essendo impermeabile quindi attenzione a non soffocare e a non bagnarsi troppo con la condensa e mantenere una buona ventilazione.

Del Dutch tape, o nastro americano, è indispensabile per riparare in maniera veloce ed efficace eventuali piccoli fori o strappi nel telo. Si può avvolgerne qualche metro attorno a un accendino, o ad una matita. Serve inoltre come bendaggio per tagli, protezione contro le vesciche, e sicuramente si possono trovare altri usi. E’ molto tenace e resistente, un ottimo aiuto.

Il telo deve essere fissato, altrimenti il vento se lo porterà via facilmente. Tornano quindi indispensabili dei cordini sottili ma robusti. Non servono corde dal diametro di 1 cm, un semplice cordino sintetico da 3 mm basterà per sorreggere il telo e fissarne i lati a terra o ad altri oggetti, come alberi o rocce. Quanto? Beh, almeno 2 m per angolo del telo, e 6 m per sostegno, quindi almeno 15 metri. Ne consiglio però di più: serve per trappole, per aggiustare lo zaino, per portare la legna… E non sempre si trovano alberi abbastanza vicini, o di diametro limitato. Direi che averne 30 metri è il minimo. Si può avvolgere alle cinghie del contenitore, al fodero del coltello, non occupa molto spazio ed è utilissimo. L’ideale è il Paracord 550 (di cui abbiamo fatto il nostro bracciale in Paracord 550). 15 metri offrono sia 15 metri di corda resistente, che regge 200 libbre, 90 chili, sia 7 cordini per 105 metri totali, che sopportano 50 libbre, 22 chili l’uno, infatti il PARACORD 550 è formato da 7 piccoli cordini una volta sciolto.

Un Poncho è uno strumento estremamente utile. Copre il corpo e lo zaino durante il cammino, e può essere usato come telo nelle soste o nella costruzione di un riparo. Si può decidere di eliminare il telo e portare solo il poncho, può essere una soluzione valida.Teniamo però presente che il telo può essere usato anche sotto il corpo, per difenderci per esempio da insetti e umidità, e il poncho sopra per proteggere da vento e acqua. Io porto entrambi. Verifichiamo sempre che il poncho, disteso, ci offra adeguata protezione, come lunghezza e come larghezza, e che sia robusto e perfettamente impermeabile.

Un buon coltello a lama fissa è indispensabile. Per tagliare la legna per il riparo, per il fuoco, per scavare, togliere o piantare chiodi, costruire trappole… Noi consigliamo un KING JUNGLE come coltello principale, e uno richiudibile come coltello secondario. Il coltello va tenuto affilato e oliato, naturalmente. Il fodero deve essere sicuro e robusto, per impedirne la perdita o il ferimento accidentale.

Assieme al coltello bisogn unaa avere barretta diamantata per affilarlo, perché un coltello che non taglia è inutile e pericoloso. Si possono usare sassi come affilatoi, naturalmente. La barretta la si porta per velocità e comodità. In commercio se ne trovano di tutti i tipi, da quelle piatte a quelle a
bastoncino, a prezzi modici. Deve comunque essere di qualità. Molte case produttrici di buoni coltelli la forniscono in omaggio o a corredo del coltello stesso.

Un multiuso (come quelli utilizzati per le biciclette professionali) e un coltellino svizzero possono avere usi: pinza, sega, coltello, cacciavite, forbice, taglia reticolati… Non è sicuramente indispensabile, ma per la versatilità enorme e l’ingombro limitato lo porto sempre con me. La qualità, al solito, deve essere buona. Quelli che si acquistano dai cinesi a 5 euro non sono affidabili.

Una sega a filo mi permette di tagliare legni abbastanza grossi per costruire un riparo robusto, e naturalmente per fare il fuoco. Può essere sostituito da un buon coltello, e non va bene per spezzare i ciocchi di legno per ridurli in listelli sottili. Io lo porto con me, e lo ritengo essenziale. Si può reperire per pochi euro in ferramenta e sui siti specializzati presenti con link a fine di questo articolo. Si può avvolgere a un legno, e usare per tagliare rami alti, fuori dalla nostra portata. Il seghetto del multitool può sostituirlo, per legni di diametri limitati.

Una torcia elettrica che possa lasciare libere entrambe le mani e permettere di costruire il nostro riparo anche se la notte è già arrivata. Valutiamo l’autonomia, maggiore è meglio è, verifichiamo regolarmente che le batterie siano cariche (e sostituiamole comunque ogni anno, anche se non l’abbiamo mai usata) e teniamo sempre delle batterie di ricambio nel kit. 10 lumen sono sufficienti e offrono, se a led, autonomie straordinarie, potrete anche procurarvi una piccola torcia a dinamo per evitare sorprese, io ce la metto. Una lampada frontale a led è perfetta (io l’ho presa è comoda e ci fa lavorare e muovere naturalmente avendo sempre ciò che guardiamo ben illuminato), ma anche una normale torcia di piccole dimensioni, con una fascetta per fissarla alla fronte va bene, ed occupa generalmente meno spazio. Nel mio kit ho inserito anche una semplice candela di cera, in situazioni di particolare calma ventosa o al riparo in una grotta o in una spaccatura della roccia ci farà luce evitando di consumare le batterie delle torcie.

Importantissimo sarà anche accendere un buon fuoco. Riparo è anche calore. E’ necessario poter accendere un fuoco, che scalda, asciuga i vestiti, fa compagnia, allontana gli animali, permette di potabilizzare l’acqua e di cuocere e rendere commestibile il cibo, fa luce, serve per segnalare la nostra posizione, ci aiuta psicologicamente… Mille cose, che fanno capire quanto importante sia il fuoco per la nostra sopravvivenza. Necessariamente quindi nel nostro kit non deve mancare:

Un accendino piezoelettrico non deve mancare, nel nostro kit. Piezoelettrico perché funziona anche se bagnato. Quelli tradizionali con la pietrina e la rotellina, se sono umidi non vanno. Io ne tengo comunque due, uno piezo e uno normale.

Un acciaino, o firesteel, offre migliaia di scintille, e non si rompe mai. Funziona sempre, anche se bagnato, e si può utilizzare anche sfregandolo con un pezzo di vetro. E’ un bastoncino di ridotte dimensioni, lo spazio che occupa è ridicolo, quindi è bene portarne uno.

Delle esche per il fuoco possono sembrare inutili. Figurarsi se nel bosco non trovo dell’erba secca. Ma se piove da una settimana, o se è notte, se c’è neve, se non so in quale scenario mi verrò a trovare e a sopravvivere e se ho poco tempo trovare esca secca e adatta non è semplice. E’ vero che le esche si possono fare anche tagliando a listarelle sottili un legno, si può usare la resina, l’interno del fiore della Coda di Topo e altre cose che, anche se bagnate, funzionano (come per esempio un copertone di auto tagliato a listelle). Ma valutiamo sempre che siamo in una situazione di emergenza, e il fuoco ci serve subito. Io porto vari tipi di esca comunque poco ingombranti. In un piccolo contenitore stagno(barattolino di vetro o plastica di 5-6 cm) metto dei batuffoli di cotone imbevuti di olio di paraffina o di Diavolina Liquida per accendere il barbeque. Questa esca però va utilizzata in situazioni in cui ho del fogliame asciutto e della legna altrettanto asciutta, non ci serve dopo che è piovuto perchè il batuffolo, è vero che si accende con una leggera scintilla dell’ acciaino, ma brucia per pochi istanti. E’ utile per accendere le scintille dell’acciaino, ma non sufficiente per fare un fuoco in situazioni limite. Serve anche qualcosa che ci garantisca qualche minuto di fiamma, per permetterci di accendere almeno dei legnetti sottili, magari umidi o bagnati, che poi faranno bruciare quelli più grandi.
Io  porto le tavolette di accendifuoco ecologiche della Diavolina, quelle fatte di legna e paraffina, spezzettate. Una tavoletta di 4 grammi garantisce 5 minuti di fiamma. Servono come esca ma anche per scaldare dell’acqua per fare un the, o per sciogliere la neve, senza dover accendere un fuoco. Un’esca efficace ed economica, nonché estremamente resistente al clima e all’acqua, è un copertone tagliato a listarelle. Brucia a lungo, ma fa molto fumo nero. E’ molto efficace il gel di alcool che si usa nei fornellini da fonduta. Basta sbizzarrirsi con la fantasia, tenendo presenti sempre il peso e l’ingombro.

Sempre in relazione al calore, ricordiamo che una grossa parte del calore corporeo viene dissipata dalla testa e dal collo. Un berretto caldo, di lana o di pile, ci permetterà di ridurre questa dispersione, e di dormire più confortevolmente abbassando il rischio di ipotermia. Lo considero parte del riparo, in quanto mi permette di mantenere il calore corporeo più a lungo su tutto il corpo, infatti la testa è un irradiatore di calore per tutto il corpo. E’ utile anche in piena estate, soprattutto in alta montagna, dove in agosto le temperature possono comunque avvicinarsi pericolosamente allo 0.

In ambienti ostili o postcatastrofici può succedere di dover costruire qualcosa con il legno, di spostare rocce, di scavare, di togliere rovi, ed in questi casi è importante proteggere le mani, lo strumento più prezioso che abbiamo dopo il cervello. Un paio di guanti da lavoro in pelle, che si comperano a pochi euro nelle ferramenta (guanti per edilizia) ci proteggono da abrasioni, tagli e vesciche, punture di insetti e, anche se in maniera abbastanza limitata, ci proteggono dal freddo.

Una coperta isotermica offre protezione dal vento, dall’acqua e, relativamente, dal freddo. Non occupa molto spazio ed è leggera, ma è molto fragile, e una volta aperta ripiegarla è una tragedia. Può servire anche per altre cose, per esempio un pezzo di isotermica messo davanti al volto blocca il sole e il vento, e permette comunque di vedere fuori.

Seguendo le indicazioni riportate fin qui saremo in grado di costruirci, in maniera semplice e veloce, un ottimo riparo dagli elementi pericolosi: acqua, vento, freddo. Alcune cose sono ripetute. Telo, poncho e isotermica fanno tutte la stessa funzione, e una sola di esse potrebbe essere abbastanza. Sono valutazioni personali, in base al peso, allo spazio e alle condizioni del luogo.

La prima priorità e soddisfatta, passiamo quindi alla successiva.

 

Acqua, la seconda priorità.

L’acqua va trovata, e poi conservata e trasportata. Se di dubbia provenienza bisogna prima di consumarla filtrarla e potabilizzarla, pena feroci diarree e febbre nel migliore dei casi. E’ molto importante per la nostra sopravvivenza, quindi nel kit dobbiamo prevedere anche questo. Per raccogliere, conservare, trovare, potabilizzare e filtrare l’acqua, abbiamo creato un apposita sezione chiamata PROCURARSI ACQUA. Cercheremo, in ogni caso, di esplicitare anche qui, ciò di cui necessita il nostro kit per venire incontro a tale necessità.

Una borraccia ci garantisce un litro di autonomia, e serve per riporre l’acqua trovata in zona o trasportare quella portata da una fonte sicura. Non fa necessariamente parte del kit di sopravivenza, ma dovendoci accompagnare sempre e comunque io la considero parte di esso. Una borraccia in alluminio (ma verificando che l’interno non sia rivestito da vetro, teflon o altri prodotti) può servire anche per bollire, ma conservare l’acqua nell’alluminio non è saggio, in quanto il metallo rilascia sostanze tossiche. Va bene anche per sciogliere la neve, tenendola magari nel sacco a pelo o sotto la giacca(evitando di abbassare troppo la temperatura corporea, però). E va bene come “borsa dell’acqua calda” per riscaldarci di notte, magari mettendola sotto i piedi piena di acqua calda (attenzione a non fonderla!!!).

Un contenitore stagno per conservare l’acqua raccolta è altrettanto importante. E’ un peccato avere acqua piovana in abbondanza per una notte intera, e poterne mettere via solo un litro perché non abbiamo niente dentro cui conservarla. In emergenza un sacchetto dell’immondizia o un sacchetto da freezer (utili anche per la raccolta di acqua per condensazione) possono andare bene. Un sacchetto da freezer con un tappo e il collo di una bottiglia di acqua minerale permettono di conservare in maniera comoda e sicura 3 litri di acqua, e occupano pochissimo spazio. Si costruiscono in casa (vai all’articolo). Un preservativo può contenere fino a due litri di acqua, è sterile, poco ingombrante da portare ed una volta chiuso con un nodo ed infilato in una calza è un ottimo contenitore per trasporto acqua.

Dei potabilizzatori sono altrettanto importanti. Il migliore è il fuoco, ma occorre un contenitore metallico dentro cui bollire l’acqua. In emergenza l’acqua si può bollire anche dentro una bottiglia di plastica, provare per credere, ma non è il massimo del gusto e della sicurezza!! Ma un pentolino metallico (che magari contiene un piccolo kit di sopravvivenza) di almeno mezzo litro è il massimo, e serve anche per scavare, per cuocere, per fare rumore.

Non sempre ci sono il tempo o i materiali per fare un fuoco, quindi anche dei potabilizzatori chimici sono importanti. Si va dal Betadine, alla candeggina (non profumata e non addizionata di altri detergenti!!!). Io ho optato per un flaconcino di Betadine e uno di candeggina (il betadine serve principalmente come disinfettante, solo secondariamente come potabilizzante). La bollitura per un minuto, le pastiglie a base di iodio e quelle a base di cloro, betadine e candeggina, gli ioni d’argento, il pergamenato di potassio (che si vende normalmente in farmacia) sono tutti sistemi certificati dall’EPA e perfettamente efficaci contro i virus. Io dopo parecchie ricerche mi sono fermato sulle pastiglie Aquatabs della Medentech, la serie rilasciata per le forze armate, da 17 mg di troclosene sodico, ne ho un po’ dappertutto e rispondono agli standard NATO, anche se sono un po’ troppo forti per l’uso normale (ma ne metto mezza pastiglietta solo per un litro di acqua). Un blister da 6 pastiglie depura 12 litri di acqua, è grande come un francobollo e spesso 3 mm, non ha batterie (come i potabilizzanti a raggi UV), non si rompe, ha una durata lunghissima (dichiarata in 5 anni, ma in teoria potrebbe durarne 20 se il blister non è aperto).
La ditta è questa:
www.medentech.com/
e le compresse militari sono queste in vendita su ebay:
http://cgi.ebay.it/120-MEDENTECH-NATO-WATE…7#ht_2298wt_907
Sono usate da parecchi anni un po’ in tutto il mondo con successo da forze armate, Croce Rossa, organizzazioni umanitarie, e trovano riscontro anche in varie ricerche mediche, specialmente in paesi del terzo mondo come il Ghana dove l’emergenza acqua è all’ordine del giorno.
Onestamente io non mi fiderei di uno strumento che funziona a batterie e che si può rompere o perdere, oltre che essere ingombrante.

La disinfezione dell’acqua passa spesso prima attraverso un filtraggio dalle sporcizie o terra o altro. Molto importanti sono i classici fazzoletti di carta. La cosa più importante a cui possono servire è proprio quella di filtrare l’acqua. Hanno una trama molto sottile, e sono multistrato, quindi perfetti allo scopo. L’acqua fatta passare attraverso un paio di fazzoletti di carta esce molto pulita. Prima però è meglio prefiltrarla con una maglietta, una calza, qualcosa che tolga il grosso. Naturalmente servono anche come carta igienica, per pulire le ferite, come esca… Ne tengo 3 pacchettini, ritengo che sia una quantità più che adeguata.

L’acqua scorre verso il basso, naturalmente. Quindi a volte capita di trovarla in spaccature dei sassi, nelle cavità dei tronchi, o in buche scavate nellaterra. Per estrarla, per la legge dei vasi comunicanti, è spesso indispensabile un laccio emostatico o tubo flessibile. 60 cm sono sufficienti, 80 sono sicuramente meglio. I tubetti emostatici sono elastici, possono quindi servire ad altre cose, ad esempio fissare oggetti, fare una fionda, un rudimentale fucile da pesca, o per trappole per piccoli animali.

L’acqua raccolta dal suolo, o dalle pozze, ha spesso un sapore disgustoso. La neve e la pioggia invece sono insapore, ma senza molte sostanze preziose dentro. Quindi del sale e/o delle pastiglie effervescenti contenenti sali e vitamine sicuramente aiutano a migliorare il sapore e la qualità dell’acqua raccolta.

Passiamo all’altra priorità.

Il cibo, terza priorità.

Questo argomento è difficile da inquadrare. Potendo rimanere parecchio tempo senza mangiare, non si dovrebbero avere particolari problemi riguardo al restare a stomaco vuoto qualche giorno. Va detto però che non mangiare indebolisce, e rende il camminare difficile e meno sicuro, e un corpo ben nutrito resiste meglio al freddo. Inoltre il conforto psicologico di un pasto caldo è un fattore di primaria importanza. Una delle regole fondamentali della sopravvivenza è S.T.O.P. : Stop, Think, Orientate, Plan. Prepararsi un the caldo aiuta proprio a soddisfare il primo punto: Stop. Fermarsi, rilassarsi, ammettere di esserci persi, ma nello stesso tempo fare un gesto normale, che a casa si è ripetuto migliaia di volte, come prepararsi un the caldo e dolce aiuta a respingere il panico che inevitabilmente prende chi si trova in situazioni critiche, a prescindere dall’esperienza e dalla preparazione. E’ da prevedere quindi sia una quantità minima di nutrimento (fisico ma soprattutto psicologico) sia alcuni strumenti per procurarlo e renderlo consumabile.

Si dovrà inserire quindi un kit di conforto con: una scatolina con dentro bustine di zucchero, un paio di bustine di the (non indispensabili: un the di aghi di pino fornisce vitamine e un po’ di zuccheri ed è buonissimo), alcuni dadi per brodo alla carne, un paio di bustine di caffè liofilizzato, delle pastiglie multivitaminiche e del sale comune, delle caramelle dure grandi. Vediamo perché questa scelta.

· Zucchero: fornisce energie immediatamente spendibili, e un the dolce e caldo è molto confortante. Ne ho messe il più possibile, fino a riempire la scatolina.
· The: per fare una bevanda calda. Contiene, anche se in quantità minima, eccitanti.
· Dadi: simulano un brodo caldo, e insaporiscono zuppe di fortuna, fatte per esempio con erbe raccolte tipo minestrone. Hanno valore nutritivo praticamente nullo, ma contengono anche sale.
· Caffè: sempre come bevanda calda, e per aiutare a stare svegli.
· Multivitaminici: apportano vitamine e sali (prendo le compresse effervescenti che hanno entrambi), e aiutano a togliere o almeno a nascondere il cattivo sapore e il brutto colore dell’acqua raccolta nelle pozze.
· Sale: aiuta a reintegrare uno dei sali persi con la sudorazione, e insaporisce cibi di fortuna.
· Caramelle: sono zuccheri, quindi energia che aiuta il corpo a produrre calore e a lavorare. Non sono un pasto, ma meglio di niente. E poi sono buone, anche psicologicamente.

Nelle nostre boscaglie ci sono sempre vegetali e frutti da mangiare, pensiamo all’onnipresente ortica. Occorre un minimo di conoscenza, limitata alle specie diffuse e facilmente reperibili. Con esclusione del topinambur, ricco di carboidrati, ci sono però solo prodotti di scarso valore nutritivo, ma che comunque aiutano. Non servono strumenti per raccoglierle. Vengono bollite, quindi igienicamente non creano rischi particolari.

Per quello che riguarda la carne, si tratta sempre di animali e uccelli di piccole dimensioni. Non ha senso mettersi a cacciare caprioli o cinghiali a mani nude. Questi animali, molto diffusi, si possono catturare con le trappole, che richiedono poco tempo e poca fatica, e sono molto efficaci. A questo scopo, ho del filo di ottone, per creare lacci resistenti ma flessibili. Inoltre sono utili il cordino e l’elastico emostatico, già citati sopra. Si può costruire una rudimentale ma efficace fionda con l’elastico emostatico già elencato più sopra. Chiodi da 10 cm sono utili per costruire trappole a caduta o a scatto estremamente efficienti anche se lunghe da approntare, ma non li includo perché possono causare ferite anche gravi alle persone, e scattano anche in caso di animali di grossa taglia e cani. Ricordiamoci sempre comunque di segnalare le nostre trappole, anche i semplici lacci. Prendere animali con le trappole si chiama bracconaggio, ed è punito severamente. Va fatto solo in caso di vera necessità.

Un piccolo kit da pesca, con lenza, alcuni ami e dei piombi. Si può usare anche per catturare uccelli. Naturalmente occorre saper pescare, e conoscere abitudini e comportamenti dei pesci. Non è semplice, ma generalmente rende con i pesci più piccoli. Sono preferibili varie misure di lenza, come per esempio una molto sottile, n. 8, una media, n. 14 e una grossa, ad esempio un 28, anziché una sola e non meno di 10 metri ciascuna. Gli ami dovrebbero essere di varie misure, tenendo presente che con un amo piccolo si prendono pesci piccoli e pesci grossi, con un amo grande solo pesci grossi. Io metterei ami n. 6, 12 e 18. Ami e lenza risentono di luce, calore e umidità. Occorre verificarli e cambiare ogni due anni le lenze.

Naturalmente per preparare il cibo occorre qualcosa in cui cuocerlo. Anche se uccelli o piccoli animali si possono arrostire sul fuoco, questo tipo di cottura fa perdere grassi preziosi. La pelle dei volatili è ricca di grassi, meglio non toglierla. Quindi bollire la carne (o gli insetti, le larve, il pesce…) assieme a dei vegetali come le ortiche e il topinambur e berne anche il brodo è meglio. Per questo posso usare un gavettino o la scatola stagna che contiene il kit.

Ok, le priorità sono state soddisfatte: riparo, acqua e cibo hanno i loro strumenti. Andiamo
avanti con il resto.

Per ORIENTARSI

Orientarsi vuol dire sapere dove ci si trova, ma soprattutto dove si trova la salvezza: una strada, una malga, un paese. Le tecniche sono molte, e spesso complesse. Qui considereremo solo gli strumenti del kit e dedicheremo una Sezione a parte all’argomento.

Chi ama la comodità e la precisione, sicuramente prevedrà un GPS. Uno strumento semplice e leggero, affidabile e veloce, impermeabile, e naturalmente con batterie cariche e batterie di ricambio. Anche usato solo per avere la posizione è utilissimo.

La posizione da sola serve a poco, senza carta topografica della zona, considerando che però in caso di gravi catastrofi naturali il territorio potrebbe essere stato totalmente sconvolto. Quella purtroppo si dovrebbe preparare di volta in volta, anche se è buyona norma avere sempre l’IGM 1:25.000 delle proprie zone con se. Non c’è bisogno della carta intera, basta una fotocopia ridotte della metà. La scala originale non mi interessa, mi è sufficiente sapere dove mi trovo e dove devo andare, anche in scala 2:1 rispetto all’originale si possono ricavare azimut altezze e distanze. E lo spazio occupato è
minimo: su un foglio A4 stampato fronte e retro ci sta tutta una IGM (la carta, non i bordi,naturalmente), conservata in una busta plastica trasparente e impermeabile.

Naturalmente una bussola di qualità è molto importante, anche se trovare il nord non è così difficile come può sembrare (stella polare, sorgere e tramonto del sole, ecc…)

Carta e matita servono per disegnare una mappa approssimativa della zona, nel caso non si possegga la cartografia ufficiale. Può essere utile indicare sentieri, rilievi e quant’altro ci possa permettere di orientarci man mano che camminiamo, soprattutto per tornare sui nostri passi in caso ci fossimo ulteriormente smarriti. Servono anche per lasciare indicazioni sulla nostra direzione di marcia e destinazione, condizioni di salute ed equipaggiamento nel caso ad esempio abbandonassimo l’auto o un rifugio: dobbiamo dire ai “soccorritori” dove stiamo andando e in che condizioni siamo.

Se ci perdiamo dobbiamo fare in modo di essere trovati facilmente. Dobbiamo cioè segnalare in maniera più evidente possibile la nostra posizione. Ci sono vari modi per farlo. Ricordiamo che 3 è il segnale internazionale di pericolo: tre suoni, tre fuochi, tre lampi…Il fumo è sicuramente, di giorno e in un bosco, il sistema più efficace per segnalare la nostra presenza. Aiuta anche gli elicotteri ad abbassarsi, perché indica la direzione del vento. Per
fare un bel fuoco abbiamo già tutto. Oltre al fuoco, anche la luce di una torcia, di notte, è efficace. Anche questa l’abbiamo indicata precedentemente. Un eliografo, o specchio di segnalazione, possibilmente infrangibile, permette di renderci visibili a distanza di decine di chilometri, anche se ci vogliono il sole (o la luna piena) e contatto visivo con i soccorritori.

Nei boschi è anche comodo fare rumore, per farsi sentire. Si può battere con un legno, per esempio sul gavettino, ma il rumore non è così forte. Si può anche urlare, ma a lungo andare si perde la voce. Un fischietto di segnalazione è ideale. In commercio ce ne sono di molto potenti, piatti in modo da non occupare spazio, e un fischietto funziona anche se abbiamo perso la voce urlando.

Ci sono altri sistemi per segnalare, come un telo sgargiante (l’abbiamo accennato sopra), fumogeni, razzi, la coperta isotermica, grossi petardi… Ognuno dovrebbe valutare quello che trova in commercio in base alle sue esigenze, e quindi decidere. L’eliografo lo considero comunque indispensabile. LEONIDA consiglia di portare dei Raudi che serviranno per segnalare la nostra presenza o anche per spaventare malintenzionati o animali feroci.

ALTRI OGGETTI UTILI

Ci sono altre cose utili da mettere dentro. Vediamole qui una a una.

· Una radio AM-FM con relative batterie di scorta. Oppure io me ne sono procurata una di quelle a Dinamo, regalatami da Leonida. La gamma d’onda AM permette di ricevere segnali anche dove l’FM è molto disturbato. Serve per restare in contatto con il mondo, e psicologicamente è di enorme importanza. Poter ascoltare un giornale radio, o sentire, specialmente di notte, una voce umana che parla dà tranquillità e sostiene, aiuta a combattere la solitudine e il senso di smarrimento che necessariamente si accompagnano a situazioni di isolamento e di difficoltà.

· Un tagliaunghie a pinzetta è per me un oggetto da portare.
· Delle fascette stringitubi, per fare delle legature velocissime e molto resistenti.
· Delle graffette fermacarte grandi, sempre per fissare oggetti.
· Un piccolo kit di cucito con aghi grossi e filo di poliestere robusto, per aggiustare abiti o lo zaino, o attaccare bottoni.
· Delle spille da balia.

Bene, questo è tutto. Ora si tratta di trovare un contenitore adatto. La mia scelta è caduta su una giberna militare e su un contenitore stagno che si può portare anche come tracolla o a mo di marsupio o un piccolo zaino tecnico. Ci sta tutto bene, compresa la borraccia, e avanza dello spazio per portafoglio, telefono e altre cosette.  Si può spostare di fianco, davanti o di dietro a seconda delle necessità, ed è comunque di poco intralcio. In base a quante cose avete messo in fila sul tavolo ognuno prenderà un contenitore adeguato, ricordando che va portato con sé, e non lasciato in macchina, e quindi valutando bene l’ergonomia.Non esiste una regola precisa ma l’unica che bisogna seguire è che il tutto deve essere posizionato in modo da occupare meno spazio possibile per essere pratico nell’utilizzo in caso di necessita. Ricordando che il peso ha la sua importanza.

Grazie dell’attenzione…buon Survival a tutti…

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